"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

 

Storia di Mariolino, pidocchio handicappato

 Storiella di fantasia per i nostri paesani Fussatoti, sperti per il mondo, che ogni tanto si vogliono rilassare e farsi quattro risate.

                                                                                                            Capo  I 

Pidocchio Mariolino nacque insieme ad una nidiata di lendini che mamma pidocchia  aveva depositato sul dorso di una vecchia capra, mantenuta all’interno di una vecchia baracca, accanto ad una altrettanto vecchia casa di campagna. Vecchia, ma abitata. C’era la vecchia nonna, vedova, che stava con  il figlio e con la nuora venuta dalla città, ma che si era adattata a vivere in campagna, dove l’aria era buona e salutare per i pargoli che mano mano metteva al mondo.Il marito era un grande lavoratore, si adattava a fare di tutto, dal contadino nella terra e negli orti, al manovale che serviva il mastro, e mastro pure lui in mancanza d’altro. Riusciva a mandare avanti la famiglia e a crescere i figlioli, provvedendo anche al mantenimento della vecchia capra, tenuta per il latte fresco.

La nidiata di lendini, intanto, cresceva ed assumeva, in metamorfosi l’aspetto naturale dei pidocchi appartenenti alla specie degli Anopluri, insetti cosmopoliti (!), ed alla razza dei pidocchi del capo (Pediculus humanus capitis), abitualmente stanziali tra i capelli degli umani. Erano finiti sul dorso della capra, per il semplice motivo che mamma pidocchia, presa dalle doglie non fece in tempo a fermarsi sulla testa della vecchia nonna, che in quel momento stava mungendo la capra. I capelli della nonna sarebbero stati l’habitat ideale per far crescere la sua nidiata di lendini, ma, in quel frangente, erano coperti dal “maccatore”, (Il fazzoletto da testa, piegato in due a forma di triangolo che tutte le donne in età mettevano sul capo, annodato dietro la nuca) e mamma pidocchia non aveva più tempo e così dirottò sulla groppa della capra, i cui peli potevano surrogare momentaneamente i capelli umani, sperando sempre che una volta sviluppata e cresciuta, la sua prole potesse da sola fare il salto dalla groppa della capra fino alla testa della nonna. Crescendo però, con il loro continuo movimento alla ricerca del cibo, davano non poco fastidio alla vecchia capra, la quale, per evitare il prurito prodotto dai morsi degli insetti, con i suoi denti aguzzi si spidocchiava grattandosi la schiena, decimando gran parte della nidiata. I sopravvissuti, sentendosi in pericolo di vita, ben presto presero il volo verso nuovi destini. Rimase solo il nostro protagonista, amareggiato e depresso per essersi reso conto di avere una malattia congenita che i suoi fratelli non avevano. Esso non poteva volare.

(Apriamo una parentesi, chi scrive deve fare una digressione scientifica. E’ risaputo che i pidocchi non volano, ma se non volassero questa storia non poteva essere scritta, non avrebbe avuto senso. Quindi diciamo che in questa storia i pidocchi volano e andiamo avanti. Chiusa parentesi).

Dicevamo che non poteva volare per mettersi in salvo, ma non si lasciò andare, vinse con forza di volontà la depressione e si adattò sviluppando la capacità di muoversi molto velocemente, evitando l’attacco dei denti della capra. Stare sempre sul chi vive però lo stancava e aveva paura di essere preso nel sonno e così decise che al momento opportuno avrebbe traslocato. Quel momento arrivò presto. Capitò che una mattina alla vecchia nonna, mentre mungeva il latte, il maccatore scivolò sul collo lasciando la testa scoperta, e Mariolino ne approfittò. Prese la rincorsa e dalla punta della coda della capra fece un grande salto “attestandosi” in quella massa di capelli della vecchia nonna. Aveva paura di farsi male a causa di quel grande salto, ma gli passò subito. La nonna aveva i capelli raccolti a “tuppo” e Mariolino ebbe la fortuna di “attestare” proprio lì. Si guardò intorno ed ebbe subito l’impressione di aver trovato “l’eldorado”, il paradiso terrestre, tanto era forte il “profumo” di quei capelli e tanta ricchezza di cibo si intavedeva in quel sottobosco, dove si inoltrò per mettersi al sicuro, ma non correva pericolo, la nonna non si grattava più da tanto tempo. Fece la vita da pascià per molti anni, poi si rese conto di essere ignorante e decise di andare a scuola. Intanto i pargoli erano cresciuti, e, per legge, i genitori dovevano mandarli a scuola, ma in campagna la scuola non c’era e furono costretti a trasferirsi in città, dove il padre, sapendo fare di tutto non ebbe difficoltà a trovare lavoro, anzi ne trovò più di uno. Lavorava dalla mattina alla sera per migliorare il tenore di vita della sua famiglia, prendendo in affitto una casa più grande e più bella, abbastanza vicina alla scuola pubblica, che il figliolo più  grande doveva cominciare a frequentare. Prima di abbandonare la campagna, lasciando la vecchia madre e la vecchia capra, il padre volle che i figli abbracciassero la nonna per salutarla. Pidocchio Mariolino aveva osservato tutte le abitudini della famiglia e aveva capito che la nonna era più affezionata col nipote  grande, un po’ meno con gli altri. Al momento del saluto, abbracciò con più trasporto il nipote tenendolo abbracciato per un bel po’. Mariolino non aspettava altro e senza porre tempo in mezzo fece il suo secondo salto, passando dalla testa della nonna a quella del nipote, consapevole che avrebbe patito magari un po’ di fame, lasciando la ricca dispensa della testa della nonna per entrare in quella meno fornita del nipote, ma non si creò un problema. Era abbastanza in carne e una piccola dieta non gli avrebbe fatto male, e poi era contento, sarebbe andato in città, avrebbe visto mondo, e, cosa più importante sarebbe andato a scuola, avrebbe frequentato la scuola dell’obbligo.

                                                                                                      Capo   II 

Mariolino non si trovò male, nel nuovo alloggio. C’erano altri inquilini con cui fare amicizia, instaurare nuovi rapporti e una volta consolidati mettersi d’accordo per i turni di guardia, in caso di pericolo soprattutto quando la mano del ragazzo si avvicinava a dita aperte per allisciarsi i capelli, dandosi magari qualche grattatina, molto rischiosa per i coinquilini. Ma, tant’è, il tempo trascorreva e il primo giorno di scuola si avvicinava, aumentando la tensione e l’emozione per questa nuova esperienza. Il nostro pidocchio non vedeva l’ ora di cominciare, non voleva lasciarsi sfuggire questa grande occasione per entrare nella rarissima schiera dei pidocchi eruditi.

Finalmente arrivò quel giorno. Il ragazzo fu vestito come da prescrizione, grembiule nero e fiocco bianco al collo, e fu anche pettinato, con grave pericolo per il nostro Mariolino. Meno male che il pettine aveva i denti larghi, ma se la vide brutta lo stesso, riuscendo appena in tempo a sgusciare tra due enormi pali che stavano per infilzarlo. Arrivati a scuola, furono schierati nel grande cortile, per fare l’appello ed essere assegnati alle classi ed agli insegnanti. Ebbe fortuna Mariolino, capitò in una classe mista dove c’ erano maschietti e femminucce, le quali avevano i capelli più folti e più lunghi. Hai visto mai ! Nel caso ci fosse urgente bisogno di traslocare con urgenza o in caso di pericolo, le opportunità  che una classe mista presentava non erano da trascurare.

I primi giorni di scuola furono un po’ difficili, soprattutto per un bambino che veniva dalla campagna. Ambientarsi e relazionarsi con i pari età cittadini fu un po’ dura. Lariolà, così si chiamava il bambino campagnolo, soffriva e con lui soffriva anche Mariolino e non fu neanche di consolazione sapere che Giriolì, l’altro fratello, si trovava nelle stesse condizioni alla scuola materna, non avendo ancora l’età per le primarie.

La loro mamma, la signora Emmagìna (che tutti chiamavano Mmagina storpiando il vero nome), ogni mattina si adoperava per tranquillizzarli, preparando loro delle dolci colazioni, mettendo nei loro zainetti anche qualcosa per la ricreazione, li accompagnava fino a scuola e poi se ne ritornava a casa, di tanto in tanto dando uno sguardo a qualche vetrina, come ai tempi della figliolanza, prima di sposarsi ed andare a vivere in campagna.

Tra i vestiti e i manichini ogni tanto dava un’occhiata alla sua immagine riflessa, pensando con orgoglio di essere ancora passabile. Certo una cura maggiore nel vestire, un’acconciatura diversa dei capelli l’avrebbero sicuramente trasformata e resa più desiderabile dal marito che, a causa del troppo lavoro la sera si coricava presto e si girava in là. Mise in pratica queste fantasticherie, ma il marito, da trunfio qual’era, si girava sempre in là.

Ed allora la signora Mmagina si cercò delle amicizie, uscendo di casa a passeggiare quando i figli erano a scuola, ed anche quando erano al tempo prolungato. Le amiche non mancarono e presto si allargarono, invitando ogni tanto anche qualche giovane amico che si sentiva solo ed aveva bisogno di compagnia.

Il tempo passava svelto, le giornate erano piene, ma la signora Mmagina  non venne mai meno ai suoi doveri: Faceva la spesa, cucinava, lavava, stirava, teneva pulita la casa per ogni occasione, riceveva i suoi ospiti ed anche il marito era contento, perché non lo faceva sfigurare. E il tempo passava. Successe però che a scuola scoppiò una grande epidemia, favorita anche dal sovraffollamento delle classi, da qualcuno che non si manteneva tanto pulito e da tanti altri fattori igienico-ambientali: I bambini erano infestati di pidocchi. La direttrice convocò i genitori consigliando loro maggiore attenzione nell’igiene dei loro bambini, magari usando anche il DDT, in casi estremi. Mariolino si allarmò, anche perché qualcuno della scuola suggeriva di rapare a zero le teste degli alunni. La mamma di Lariolà e Giriolì, molto scrupolosa, comprò la pompa del DDT ed anche un pettine dai denti fini. Appena a casa si mise all’opera, cominciando prima con Lariolà, avvolgendogli una tovaglia intorno alle spalle, ed un fazzoletto attorno agli occhi per evitare che qualche spruzzo potesse fargli danno, prese la pompa ma prima di usarla volle controllare da vicino. 

                                                                                                      Capo  III 

Mariolino, il nostro amico pidocchio, si sentì perduto e solo con la forza della disperazione, prendendo una lunga rincorsa riuscì a saltare sulla folta chioma di capelli della signora, che nel frattempo si era molto avvicinata per vedere meglio. Velocissimo, e con il cuore che stava per scoppiargli, riuscì a trovare un nascondiglio, immergendosi in quella che sembrava un grande foresta, per il momento sentendosi al sicuro. Passavano i giorni, Mariolino stava bene, ma rimpiangeva il tempo della scuola. Aveva imparato tante cose, forse troppe per un pidocchio, ma non si sentiva appagato, voleva sapere di più. Le occasioni non mancavano, le amiche della signora sapevano tante cose, cose di mondo, che Mariolino ascoltava e metteva in memoria, solo che certe cose non riusciva a spiegarsele e si chiedeva perché.

Perché quando veniva l’amico bisognoso d’affetto e la signora stava sola con lui succedeva il finimondo? Sembrava che si scatenasse il terremoto, i capelli svolazzavano da tutte le parti, la signora si contorceva urlando, l’amico sembrava avere l’asma e poteva morire da un momento all’altro. Mariolino aveva l’impressione di essere nel vortice dello Tsunami, in mezzo a quelle onde gigantesche che si abbattevano e spazzavano via tutto quello che incontravano. Poi, all’improvviso si placavano con sospiri di sollievo. Brutta esperienza, fu quasi un trauma per il piccolo pidocchio quella prima volta, ma si fece una ragione. Non gli era successo niente di grave e l’esperienza gli servì per le volte successive. Doveva solo stare aggrappato con tutte le sue forze, per evitare che gli scossoni lo facessero cadere. Ma non era contento della situazione, così non poteva tirare avanti. Ogni volta rischiava di morire, perché la signora Mmagina, dopo il terremoto, immergeva la sua testa dentro un fiume di schiuma velenosa. Mariolino restava in apnea ma non poteva resistere a lungo, e, dai oggi e dai domani, capì che il suo stato di salute si stava compromettendo. Lo stress lo faceva vivere in un continuo stato d’ansia. Decise quindi che alla prima  occasione avrebbe fatto il possibile per andarsene, anche perché si sentiva offeso nella sua dignità dal comportamento non tanto serio della signora Emmagìna.  

                                                                                           Capo  IV     e    Capi diversi 

L’occasione si presentò un giorno che l’amico senza affetto portò con sé un altro giovane che si diceva essere agli inizi di una brillante carriera politica. La politica! Ecco, pensò Mariolino, forse  questa è l’occasione giusta per cambiare vita. La politica ti cambia veramente la vita, nel bene e nel male. Chi sta bene starà meglio e chi sta male….. resta così com’è. In questo Paese la politica comanda. Chi è dentro la politica ha le mani in pasta, e rimescola come gli pare, gli altri invece….. guardano. Forse per me si aprono nuovi orizzonti, se non approfitto ora non lo farò mai più, adesso sono nell’età giusta. Già sognava il Parlamento, lì sì che ci sono tante teste, se non va bene una si passa su quella del vicino, con la possibilità di fare tutto l’arco costituzionale. Carpe diem! gli suggeriva qualche meandro del suo cervello, qualcosa che aveva sentito quando andava a scuola. Cogli l’occasione, approfitta del momento! E il momento venne presto, quando il giovane politico tornò da solo dalla signora Emmagìna, restando con lei. Non era finito ancora il terremoto che Mariolino avvistò una radura cespugliosa sul petto dell’uomo. Non ci pensò due volte, o la va o la spacca. Dalla folta boscaglia della chioma di capelli della signora, in un momento di vicinanza, prima dell’attacco d’asma, passò dall’altra parte correndo velocemente a nascondersi e a rimanere nascosto in un angolino della radura di fitti cespugli. E quando l’amico lasciò l’abitazione della signora Emmagìna anche Mariolino uscì con lui.

E fu così che Mariolino lasciò per sempre quella casa, quella famiglia con la quale aveva  convissuto fin dalla sua infanzia; ma senza nostalgia, senza dolore di cuore. La sua formazione culturale, la sua etica gli impedivano la convivenza con la signora Emmagìna, che presto dimenticò, dimenticando anche quel trunfio di suo marito.

Insieme all’uomo politico fece il suo ingresso nel palazzo. Quanta emozione! Quello che aveva intravisto nel piccolo televisore nella stanza della moglie del trunfio, adesso era lì davanti a lui, ed anche lui avrebbe detto la sua anche a costo di fare avere grattacapi a chicchessia. Tanto lì, in quel luogo detto parlamento bastava un leggero soffio di vento per fare voltare le pagine. E Mariolino ne voltò parecchie, non lui personalmente ma chi lo ospitava, e lo portava in giro. E ne fece di giri. Ad ogni cambio di governo, il che avveniva molto spesso, faceva in modo di essere ospite del Ministro degli esteri, per girare il mondo, realizzando il suo sogno dell’infanzia. Conoscere quanto più possibile, sogno che si avverava. Gli capitò anche di essere ospite del Ministro dell’interno, ma quell’ospitalità non era di suo gradimento. Non riusciva a capire i discorsi che ascoltava: Doppisensi, allusioni, mezzeparole, linci e squinci. Mai una cosa detta chiara….. non gli piaceva quel Ministero.

Decise quindi che appena si presentava l’occasione avrebbe cambiato sede. E lo fece quando una sottosegretaria per motivi di lavoro entrò nel “Gabinetto” del Ministro. Una vicinanza fortuita diede a Mariolino l’opportunità di saltare sui capelli della sottosegretaria nascondendosi con grande velocità tra le “mesce” della messimpiega.

 In quel luogo ebbe la prima avventura sentimentale della sua vita. Una pidocchietta tuttacurve cominciò a fargli una corte spudorata per indurlo in tentazione. Lui non voleva, non voleva correre il rischio di mettersi nei guai, ma dovette cedere, punzecchiato nel suo orgoglio. Fu la prima ed ultima volta della sua vita. Temeva che un futura discendenza potesse ereditare il suo handicap e lui non voleva che i suoi eredi potessero soffrire per quella malformazione congenita. Decise che alla prima occasione se ne sarebbe andato da quel luogo. Non voleva più avere a che fare con la pidocchietta che continuava a stuzzicarlo. Ai primi “colpi di sole” della sottosegretaria, la decisione maturata fu irrevocabile.

La Signora, per motivo del suo lavoro, entrava spesso nello studio di un grande uomo politico, uno dei più grandi di quel tempo, uno Statista. Quando la signora si chinò accanto a lui per fargli leggere delle bozze di decreti e decretini Mariolino approfittò per saltare sul capo del grande uomo politico. Egli era molto bravo, preparato, competente, conosciuto in tutto il mondo, persona molto distinta…distinta soprattutto per quel piccolo ciuffo di capelli bianchi, che spiccava nella massa di capelli neri.. Il Governo approfittava delle sue conoscenze e gli conferiva incarichi di rappresentanza presso tutti i Governi del mondo e delle Nazioni, e Mariolino gli faceva compagnia, orgoglioso di essere suo ospite. Una volta fu inviato in Africa per incontrare un grande Capo di Stato, che per l’occasione indossava i costumi tradizionali della sua tribù, comprese tutte le “ciancianelle” appese al collo, nel naso traforato, nei lobi delle orecchie. Era tutto contorniato da piume  di struzzo, code di pelliccia e pezzi di altri variopinti animali.

 Al momento delle presentazioni, l’interprete presentò il nostro politico dicendo: Lui è Aldo Moro. L’altro, dopo un po’, si mise a ridere non riuscendo a contenersi. Apparteneva ad una famiglia di Watussi, e sovrastava il nostro di un buon mezzometro. Sforzandosi di parlare la nostra lingua rispose: Lui aldo moro? No no, io aldo moro, lui essere bbhiggholo iddhaliano. Mariolino, il nostro pidocchio, stava per rimanere secco, soffocando l’ilarità che gli scoppiava dentro. Corse pertanto a nascondersi nella zona di confine tra il ciuffo bianco e nero dei capelli del suo ospite. Anche lui stava imbiancando, il tempo trascorreva e non gli faceva sconti, invecchiava pure lui, il nostro pidocchio.

Gli ultimi anni della sua vita li trascorse in Senato. Si sistemò ospite di un senatore a vita,  molto anziano, collocato in una zona del senato dove non soffiavano tante correnti. Meno male, pensò Mariolino, qui non corro il rischio di prendere qualche malattia respiratoria. L’anziano politico aveva dei folti capelli bianchi, lì Mariolino stava bene,  ben mimetizzato e non correva alcun pericolo. Il senatore, debole, a causa dell’età non aveva neanche la forza di grattarsi. Per farlo usava un bastoncino che Mariolino riusciva facilmente a scansare.

Essendo il decano dei senatori una volta fu mandato in Cina, a rappresentare la Nazione, a conoscere il grande Mandarino. Alle presentazioni, l’interprete cinese illustrava la figura del nostro grande uomo politico, conosciuto in tutto il mondo e da tutti stimato per la sua lunga e brillante carriera. Il grande mandarino non fece un piega. Rispondendo alle presentazioni allungò una mano verso il nostro senatore dicendo semplicemente: Chi  Cha  Tse’.

Il pidocchio Mariolino, non resse il colpo, ferito nel suo orgoglio nazionale, non ebbe più la forza di stare aggrappato al suo posto, si lasciò scivolare piano piano fino a quando giunse a terra e lì rimase nascosto, per la vergogna, tra due sampietrini, sul selciato della più grande piazza del mondo, piazza Tian’anmen.

Qualche tempo dopo, il quattro giugno dell’ottantanove, in quella piazza, che significa “porta della pace del paradiso”, e nelle strade vicine, Mariolino sentì che stava succedendo qualcosa di grosso: iniziava una grande protesta popolare per avere più diritti. Ebbe grande paura e rimase nascosto. Anche se non capiva il cinese, capì che quella sarebbe stata una data storica nella storia dell’umanità, e volle partecipare anche lui. Il giorno dopo, il cinque giugno dell’ottantanove, uscì dal suo nascondiglio e vide quello che mai si sarebbe sognato di vedere. Vide dei carriarmati cingolati venirgli incontro con la canna del cannone puntata su di lui e vide anche che uno studente, si mise davanti al carroarmato per fargli da scudo e proteggerlo. Ma quello studente coraggioso, “rivoltoso sconosciuto”, come fu chiamato in tutto il mondo, non riuscì a salvarlo, però lo prese e lo portò con sé in un altro mondo, ancora sconosciuto, dove c’era posto per tutti, anche per un pidocchio handicappato.

Finisce qui la storia di Mariolino, che ha vissuto pienamente e con orgoglio la sua vita fino alla fine dei suoi giorni, per nulla afflitto di essere un pidocchio handicappato. Amen.

 Un caro saluti a tutti.

Francesco P.