|
di
Valeria Guarniera
-
"Basta 'ndrangheta, riprendiamoci la città". Con questo
slogan il Movimento Reggio Non Tace ha convocato la cittadinanza
a marciare in un corteo per la legalità. Uno slogan, certo. Una
frase sintetica, rapida ed efficace che esprime un concetto
destinato a restare impresso nella mente del destinatario: basta
'ndrangheta. Uno slogan, dunque, che però nasce da una
convinzione chiara. Da un percorso preciso. Dall'intenzione di
tirare una netta linea di demarcazione. C'è, in quella frase, la
necessità di far chiarezza. E c'è, in quelle parole, la voglia
di ribadire un concetto, il desiderio di riappropriarsi di
qualcosa, la voglia di tornare ad essere qualcuno. "Gli episodi
criminali che da un po' di tempo a questa parte si susseguono
con inquietante continuità – hanno spiegato dal Movimento - sono
il segno di una strategia della tensione tesa a mantenere un
clima di paura e di condizionamento della libertà di tutti i
cittadini. Reggio Non Tace fin dalla sua nascita ha sempre
reagito apertamente a questa strategia chiamando tutti i reggini
al risveglio della loro coscienza civile e a ripetere il loro no
alla 'ndrangheta. Anche in questo frangente – hanno specificato
- vogliamo manifestare con forza il nostro rifiuto delle logiche
criminali e il nostro desiderio di vivere da liberi cittadini in
una città liberata dalla criminalità".
Gesti eclatanti
che richiamano l'attenzione. Sì, perché a volte per rendersi
conto della realtà in cui si vive – o semplicemente per
ricordarsene – serve il rumore di una bomba, magari fatta
esplodere in pieno centro e non esattamente nel cuore della
notte. E così l'esplosione che nella notte tra il 3 e il 4 marzo
ha devastato la salumeria-gastronomia "Romeo" in via Foti, alle
spalle del Palazzo della Provincia, in una delle traverse del
Corso Garibaldi, alle undici di sera, ha richiamato
l'attenzione. Ha riacceso i fari e illuminato una città che nel
buio – inteso nel senso più amaro e drammatico possibile – ha
vissuto fin ora. "Quello che è successo rappresenta la rottura
di un argine – ha detto padre Giovanni Ladiana, anima indiscussa
del Movimento – Per troppi anni abbiamo demandato ai boss la
sicurezza della nostra città, affidandoci al fatto (o alla
speranza) che certi limiti non potevano essere superati. Ebbene:
una bomba alle undici di sera – ha sottolineato – in un periodo
di festa (erano i giorni del Carnevale) in una zona centrale,
significa che qualcosa si è rotto. Quella sera – ha detto –
poteva morire chiunque. Dobbiamo svegliarci". Un richiamo,
quello del padre gesuita, rivolto a tutti i cittadini: "Dobbiamo
riprenderci la città, è nostra".
Camminare tra
l'indifferenza. Tanti passi, da Piazza de Nava fino a giungere
in via Foti, di fronte la gastronomia Romeo, simbolo, in questa
occasione, di una città che vuole rinascere. In tanti, a
compiere quel cammino, facendosi largo tra la folla. Tra gli
sguardi dei curiosi e le risatine di qualcuno. Un corteo per la
legalità, nell'indifferenza generale. Nell'eterno conflitto –
questo sì, davvero pericoloso – tra chi ci crede e chi decide di
girarsi dall'altra parte. Tra chi vede e chi e cieco o peggio, a
quella vista si è abituato: "Guarda quanta gente indifferente –
le parole amare di padre Ladiana – ci guardano, probabilmente
non sanno chi siamo e perché stiamo facendo tutto questo. Il
problema di questa città è proprio questo: in tanti, troppi,
stanno a guardare. E guarda però quanti bambini con gli
striscioni in mano stanno animando il corteo – ed ecco la
speranza - è bellissimo: significa che questa città ancora non è
morta".
"Non ci lasciamo
intimidire". Lo ha detto Vincenzo Romeo, titolare della
gastronomia. Sguardo fiero e schiena dritta nel parlare con
quanti gli chiedevano notizie mostrando solidarietà (e un
pizzico di curiosità). "E' da cinquant'anni che faccio
l'imprenditore e non intendo mollare proprio adesso – ha detto
mostrando l'attaccamento alla sua città e la voglia di restare –
amo Reggio ma non la riconosco più: questa città è troppo bella
e non và abbandonata". Nessun cenno alle indagini, nessun
riferimento ai possibili motivi del gesto intimidatorio, solo il
desiderio di ringraziare tutti quelli che si sono mostrati
vicini e che gli stanno dando la forza per ricominciare: "Non
essere soli è importante – ha sottolineato – stare insieme agli
altri ci dà la forza. Riapriremo presto" |