I Giochi di una volta

Eravamo piccoli bambini di un paese sperduto tra le montagne (ancora privo di strada di collegamento alla città, di luce elettrica e di acqua corrente nelle abitazioni).

Si andava a scuola, perché i nostri genitori, contadini nel sangue, con sacrifici enormi ci avevano obbligato ad andare (non erano i carabinieri a costringerci, l’obbligo era solo fino alla quinta elementare) ma la necessità ed il fine obbligato per evadere dal paese, e appunto la scuola e lo studio era l’unico scopo per poterlo fare, noi non dovevamo rimanere contadini, vita troppo dura quella vissuta dai nostri genitori, dovevamo studiare e trovare un’occupazione (magari un impiego pubblico), che ci avrebbe dato un avvenire migliore di quello delle nostre famiglie di origine.

Giustamente la scuola ci impegnava troppo poco tempo della nostra giornata, e tra un "surbizzu e n’atru", trovavamo come impegnare l’abbondante rimanenza del tempo a nostra disposizione. La televisione arrivò nel 1956 in un bar così piccolo ed angusto che per vedere le avventure di Rin Tin Tin ci stringevamo fino all’inverosimile, e chi era fortunato riusciva a stare seduto, gli altri in piedi, chi trasversalmente, chi in asse al televisore, piazzato su una finestra nella parte alta del locale, tante volte con effetto neve e strisce orizzontali e verticali dovute alla cattiva ricezione delle onde, dall’antenna posta in un terrazzo distante anche più di 50 metri.

Ebbene le nostre lunghe giornate, lunghe per i nostri genitori che ci vedevano solo la sera, passavano a giocare, a giocare sulla terra, in mezzo al fango, in piazza Municipio, allora divisa in due dal Torrente Jovani, collegata dal ponticello, passaggio obbligato la domenica all’uscita della messa delle undici delle ragazze che abitavano nella zona Sud del paese, ed ottimo punto di osservazione e lancio di occhiate fugaci, rubate alla gente che non doveva capire o indovinare i nostri innamoramenti.

Dunque i giochi erano tanti, nell’immagine solo quattro sono illustrati, tre esercitati da noi maschietti ed uno dalle femminucce, ma erano tanti e se la memoria non mi inganna si chiamavano:

A distanza di tempo e, rileggendo e riflettendo sono arrivato alla conclusione che: Tutti i giochi descritti hanno un comune denominatore, il movimento, il correre. Infatti le nostre guance specie in inverno erano sempre rosse per il tanto correre. Chi ha inventato questi giochi, non si sa in quale tempo è satato veramente geniale. Gli inverni una volta erano lunghi e freddi, le abitazioni non erano affatto riscaldate salvo un unico ambiente la cucina con il focolare o il braciere acceso e, quindi, bisognava stare caldi ... appunto correre, correre, sudare produrre energia.

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"Mazza e pirigghu" – "Arco e freccia" – "A fionda""U carè""A corda""I rumbuli" – "I buttuni" – "I nucidhi" - I cciappi" – "I brigghia""U circulu" – "Papagilormu" – "Peppi venatindi" – "Scarrica canali" – "A mmucciari" – "A cchiappari"– "U carru armatu" - "Una monta" , poi con il tempo ad alcuni arrivò la prima "Bricichetta", e la modernità ed il benessere fecero dimenticare i giochi sani e schietti, ma tante volte sporchi di polvere e fango di una volta.