"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 





 

PERSONAGGI FOSSATESI

La storia di Fossato è stata scritta nel bene e nel male con il passare degli anni da gente comune, contadini, braccianti, qualche professionista, qualche insegnante comunque attori diretti ed indiretti della evoluzione economica, sociale e culturale del paese stesso. Per quanto la mia memoria ricordi, senza fare torto a nessuno per gli anni che vanno dagli anni 50 agli anni 70 i personaggi famosi secondo un mio modesto giudizio sono:

 

IL PROFESSORE NINO PIZZICHEMI

Giorni fa un amico mi chiese la stampa di una fotografia pubblicata sul sito. Per la precisione, quella degli insegnanti della Direzione Didattica di Montebello che risale a meta degli Anni Sessanta. Un anziano zio vedendosi ritratto aveva chiesto al nipote di procurargliela. Incuriosito gli domandai chi era e con grande stupore seppi che si trattava del professore Nino Pizzichemi (U Figghjiolu), nostro compaesano, ex insegnante ed ex sindaco di Montebello negli Anni Settanta. In pochi minuti consegnai all’amico la stampa della foto.

Il giorno appresso, con i ringraziamenti del professore, mi giunse l’invito ad andarlo a trovare. Qualche sera dopo mi presentai alla sua porta. Mi ricordavo perfettamente di lui, per giunta lontano parente, ma non pensavo che mi riconoscesse. Accogliendomi insieme alla moglie, emozionato fin quasi alle lacrime, mi abbracciò e mi si rivolse convinto con il nome di mio padre, Peppino. 

“ Non so il tuo nome, non mi ricordo di te, ma sei la copia perfetta di tuo papà e non ho avuto dubbi su chi appartieni”. 

Francamente durante l’incontro mi sentii subito a mio agio e il vecchio professore si dimostrò tra l’altro bene informato del sito internet elogiando il nostro lavoro. 

La visita aveva anche lo scopo di farmi raccontare fatti di almeno sessanta o settanta anni fa, di cui avevo sentito parlare vagamente, ma che non potevano avere conferma se non da chi li aveva vissuti. Chiesi quindi di alcuni soldati fossatesi mandati in Africa, in Russia, in Grecia e che non fecero più ritorno, chi disperso e chi morto. Gli proposi un nome: Domenico Mercurio. Gli occhi del professore si inumidirono.  

“Era un mio carissimo amico”, disse con le parole spezzate dalla commozione. “Aveva qualche anno più di me. Abitava in via dei Martiri, nella casa accanto al forno dei miei genitori. Faceva il sarto e lavorava con il fratello Bruno in una bottega della piazza della chiesa. Era un giovane alto e robusto, di carattere molto sanguigno... Disperso nella Campagna di Russia”. 

Poi parlò di sé e mi raccontò di quando, soldato non ancora ventenne, andò in guerra. L’avviso della partenza gli aveva dato appena il tempo di salutare i familiari. Ventiquattro ore dopo era già imbarcato a Messina, destinazione Tripolitania. Il ventesimo compleanno lo festeggiò a Tobruk, il ventunesimo a El Alamein, il ventiduesimo a Bengasi. Dopo quattro anni tornò finalmente a casa, mise su famiglia e intraprese la carriera di insegnante. Si diede anche alla politica, fu uno dei  rappresentanti di spicco del Partito Socialista a Fossato e fu pure sindaco per un breve periodo. 

Parlammo anche d’altro e mi raccontò di quando Garibaldi passò dal paese. Sbarcato nel 1862 tra l’abitato di Annà e quello di S. Elia, proseguì per l’Aspromonte lungo la fiumara di S. Elia. Si fermò una notte a Calamaci, ospite di nostri paesani (i fratelli Calabrò?) che erano garibaldini e avevano ingaggiato una furiosa battaglia - numerosi i feriti e forse un morto - con una facoltosa famiglia di estrazione borbonica e avversa a Garibaldi (i Gullì?). 

Raccontò poi delle origini di Fossato e della sua importanza strategico-militare in epoca romana. Qualche decennio prima della nascita di Cristo, dopo l’uccisione di Cesare in Senato, le legioni  di Ottaviano combattevano in Africa, in Grecia, in Asia Minore e in Sicilia contro l’esercito di Marco Antonio. Il luogo prescelto per l’imbarco e lo sbarco delle truppe era Leucòpetra, l’antica città greca che si trovava alle Rocche del Capo, l’attuale Capo d’Armi. A quel tempo gli spostamenti via terra non avvenivano lungo la costa, ma passando per le montagne. Si percorreva una strada che partiva da Rheghion, l’antica  Reggio, e raggiungeva la Locride attraversando i luoghi degli attuali Rosario di Valanidi, Fossato, Bagaladi, S. Lorenzo, Roccaforte, Bova. L’utilizzo di questa strada interna era obbligato perché la costa era  paludosa e malarica e soggetta a improvvisi e pericolosissimi attacchi nemici dal mare. Così come le altre località,  Fossato era una stazione di posta, ultima sosta prima dello scollinamento della montagna di Sant’Antoni e la discesa alla fiumara di Valanidi passando per Allai e Musieti. 

Secondo il racconto del professore, la stazione di posta di Fossato fu attiva fino a tutto il XVIII secolo. Con molta probabilità si trovava a Gurgori o a Sant’Anna, in una posizione difendibile militarmente e riparata dalle avversità atmosferiche. Fu attorno alla stazione  che si sviluppò nel tempo il primo nucleo del paese.  

Nel lasciarci con la promessa di futuri incontri, il professore Pizzichemi mi diede un libro che trattava del censimento onciario di metà del Settecento. 

Secondo i dati di questo censimento, Fossato contava all’epoca circa 150 fuochi. Per fuochi si intendevano le famiglie e le loro abitazioni. Facendo un po’ di conti, conteggiando quattro persone a fuoco, tra famigliari e conviventi, la popolazione di allora poteva contare circa seicento persone. Gli abitanti erano suddivisi in base allo stato sociale in tre categorie:

  1. miglioribus, appartenenti allo strato più alto, in genere i grossi proprietari terrieri, gli appartenenti al clero e i proprietari delle filande;
  2. mediocribus, i proprietari di greggi, di mandrie, ancora meglio definiti come massari, che gestivano le proprietà dei miglioribus servendosi della manodopera degli inferioribus;
  3. inferioribus, i braccianti agricoli, i contadini senza proprietà e casa propria, a servitù presso i massari.

 Si registrava inoltre la categoria dei piccoli artigiani, quali ferraioli, falegnami, conciatori di pellami, che si industriavano nella costruzione di attrezzi agricoli, finimenti per le cavalcature, cordami vari.

 Non ci sono notizie circa l’esistenza di piccole officine o botteghe.  

Una curiosità: le figlie femmine, dall’età di circa dieci anni fino a che non venivano maritate, venivano definite “de capillis”. 

Solo pochissimi avevano accesso all’istruzione, per lo più i primogeniti dei miglioribus, i quali coadiuvavano i padri nella gestione delle proprietà e ne erano gli unici eredi. Gli altri figli  venivano avviati alla vita clericale o alla carriera militare. Le femmine erano destinate a vantaggiosi matrimoni con i rampolli di facoltose famiglie o avviate alla vita monastica.

 

IL PROFESSORE NINO STILLITTANO

Dopo il Professore Pizzichemi, l'altra sera sono stato a trovare il Professore Nino Stillittano. In verità era stato lui in persona un anno fa a contattarmi. Suo figlio gli aveva fatto vedere su internet alcune pagine del sito e compiaciuto di quello che stavamo iniziando a fare mi ha telefonato. All'inizio mi aveva scambiato per mio fratello maggiore, poi forzando la memoria si è ricordato anche di me, perchè negli anni '60, studente di liceo abitavo in una casa a circa cinquanta metri dalla sua e passavo il tempo libero a giocare al pallone sulla strada davanti casa anche con suo figlio mio coetaneo. L'ho chiamato al telefono ed anche lui mi ha invitato a casa sua. Rivederlo dopo circa 37 anni è stato emozionante, il mio scopo era di farmi raccontare, riferire della sua gioventù, delle sue lotte politiche, dei suoi impegni per la provincia di Reggio e di Fossato in particolare. Anche a lui ho chiesto di tanti giovani fossatesi dispersi o morti in guerra, suoi coetanei e magari anche vicini di casa. Oltre che a confermare quanto mi aveva detto su Mercurio Domenico il Prof. Pizzichemi, mi ha raccontato di un altro giovane disperso in guerra, non ricorda bene se in Albania o in Grecia. Questo giovane si chiamava Domenico Scaramozzino figlio di Salvatore Scaramozzino e di Caterina ??, fratello di Carmelo Scaramozzino (cognato di cumpari Peppi 'i Micheli), emigrato in Francia subito dopo la guerra. Nel ricordare i numerosi impegni e le lotte della sua gioventù, le infinite candidature come capolista del P.C.I. al Comune di Montebello ed in tantissimi altri comuni, ha avuto modo di dirmi con nostalgia che ormai le cose sono cambiate, non sono più quelle di una volta, la politica è diventata convenienza. Mi ha riferito delle inimicizie politiche tra paesani, che finivano solo con la politica e che poi tra di loro (anche se magari si guardavano di traverso) si rispettavano, e si stimavano reciprocamente nonostante fossero avversari. Ha ricordato i nomi dei suoi compagni di lotta e di partito come Sarbu Billari, Peppi Nesci, dei suoi avversari come Il Prof. Scaramozzino, il Medico Gullì, e tanti altri che negli anni 50/60 fecero la storia di Fossato. Anche lui insegnante, nell'immediato dopoguerra si trasferì a Reggio dove tuttora vive. Ci siamo lasciati con l'impegno di rivederci e che ci avrebbe procurato altro materiale molto utile al sito. Ritengo doveroso ricordare il suo impegno e la sua militanza politica, la sua carriera e le sue opere.

Nato a Fossato Ionico il 16/02/1919, Insegnante in pensione, ex Combattente in Africa e Grecia e Partigiano in Albania. Dirigente del P.C.I. più volte Consigliere Comunale a Montebello, Reggio Calabria, Rosarno, Consigliere Provinciale per quindici anni eletto nella lista del P.C.I.. Vicepresidente e Presidente f.f. del Co.Re.Co. per oltre dieci anni autore di numerose pubblicazioni di carattere politico e di due libri: "Era l'anno del sole non quieto" (2002) e Reggio Capoluogo: Fu vero scippo? (2005) editi da "Citta del Sole".

 

 

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