"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

 

DIZIONARIO FOSSATESE LETTERA "F"

  • Faccatotu: che fa tutto o, che fa finta di fare, intrufolandosi, ingerendosi in tutto. Residuo del latino factotum.

  • Facci-fària: la tentazione di leggere fària facci = fare faccia, dare volto, …farei, darei, al condizionale, tanto per non impegnarsi, per essere e non essere, quel tanto che basta per … Nel corso del parlare vuol dire: si e no, quasi, quasi; oppure, con fare diplomatico, non siamo d'accordo, ma vediamo!

  • Facciolu: ipocrita; che si adatta alle circostanze; che fa i sorrisini d'occasione.

  • Eu ndaiu na sula facci.... non nsu facciolu: ho una sola parola, non cambio la mentalità secondo le circostanze.

  • Facigghiuni: falce. Arnese agricolo di ferro ad arco con manico di legno; la parte interna dell'arco (che serve per segare velocemente, in un sol colpo) intagliata e seghettata: molto pericoloso, il suo taglio a sega! La "seghettatura" era orientata per il taglio con la mano destra; ma c'era, raro, anche qualche esemplare, di solito fatto far di proposito, per i mancini, vale a dire con la seghettatura invertita. Dal latino a facie, di fronte cioé con il taglio a fronte, davanti.

  • A so' lingua tagghia cchiù du facigghiuni: per chi vive riuscendo a sparlare continuamente degli altri. Eh! Non è sempre riferito ad una donna!

  • Faciotulu: (anche faciotularu)chi si da da fare, mette le mani in tutto e, spesso, riesce nonostante le varie difficoltà che incontra.

  • Fadda: dirupo, zona di terreno molto scosceso, quasi a perpendicolo, normalmente incolto, a causa delle condizioni.

  • Cu faci i ligna nda fadda (ndo dirrupu), mi si caccia o chianu: chi raccoglie legna in terreno scosceso, badi a portarsela in zone accessibili. Ognuno si renda responsabile delle sue azioni, se commette degli errori, provveda a porre riparo, o, a spportare le conseguenze.

  • Nda fadda criscinu sulu jinistrari: in quel posto (essendo il terreno impervio), allignano soltanto ginestre.

  • Na faddicedda i terra: solo un pezzetto di terra non in pianura. Esprime, talvolta, il malcontento di chi parla nei confronti di un certo appezzamento di terreno, poco redditizio.

  • Faddedda: le falde della camicia, della camicetta. (dallo spagnolo).

  • Faddedda i fora: (le falde della camicia devono star dentro i pantaloni, la gonna) chi le lascia disordinatamente pendere verso l'esterno... fa vedere i propri difetti, il proprio disordine.

  • Faddu: una sorta di palla fatta di stoppie e di pezze di stoffa vecchia: era il pallone “diciotto pezze” dei nostri tempi!

  • Fafolu: fanfarone. Soprannome attribuito ad un tale che ne raccontava di tutti i colori; passato, per lo stesso motivo... alle successive generazioni.

  • Fajenza: (o anche fajanaza) maiolica; piastrellato sia da pareti sia per pavimenti. Avrebbe anche il significato di "bella facciata". Si potrebbe ricondurre a Faenza, nota per la produzione di ceramiche o al francese fajence, maiolica.

  • Falaccu (pl. falacchi) fango, fanghiglia; luogo fangoso, sporco.

  • Non faciti falacchi: non smuovete il fango (da pioggia, da sedimentazione naturale), provocandone ancora; non entrate in certi argomenti .... si potrebbe provocare molto fango, potrebbe venire fuori dello sporco.

  • Non purtati falacchi: non portate sporcizia di fango con le scarpe; non portate robetta, ridotta a poltiglia.

  • A strata era tutta falacchi, falacchi: la strada era tutta fango e fanghiglia. In senso molto lato, si usava, per indicare un qualsiasi materiale ridotto a poltiglia.

  • Falangu: solco non molto profondo ma lungo che non era completamente chiuso, lasciando un certo avvallamento del terreno, per conservare minor quantità d'acqua. Di solito era scavato per alcune colture invernali/primaverili in terreno (vigna, campo esteso) non facilmente irrigabile. Le sementi messe a dimora nel tardo inverno fruivano delle ultime piogge.

  • Fanà: soprannome attribuito ad una famiglia di persone dal carattere chiuso, duro, ostinato.

  • Fanatichiari: darsi delle arie... un po' alla buona... atteggiarsi.

  • Fanatichii da matina a sira: (non hai proprio nulla da fare!), te ne vai in giro mostrandoti, con atteggiamenti da gran signore... da mane a sera.

  • Fanaticu: (di recente introduzione), fanatico, sbruffone, esibizionista.

  • Fanfaruni: fanfarone, spaccone.

  • Fantastichiari: abbandonarsi a vane fantasie, sognare.

  • Fantasticu: (di recente introduzione) vanesio, tifoso, appassionato di qualcosa.

  • Fantastica: (significato del termine... introdotto) una donna...un po' leggera, dai costumi piuttosto....aperti.

  • Farfalluni: farfallone, fanfarone,. Un tizio che non trova un attimo di quiete, che "svolazza" di qua e di là, anche in cerca d'avventure...di donne.

  • Fari: fare in tutti i significati dell'analogo termine italiano.

  • Facimu rissi: facciamo finta; facciamo uno scherzetto, leggero, pulito....Adattiamo l'atteggiamento verso una maniera scherzosa....ma talvolta ironica,....e, ostile.

  • Fari Cicciu mi tocca: espressione per indicare chi fa finta di non voler, fare od ottenere, una certa cosa, invece sollecita per averla o farla. Si dice per qualunque situazione che, pubblicamente, è rifiutata, ma è invece agognata.

    Nasce da una canzonetta: cantata in tutti i dialetti. E' una sorta di colloquio tra la ragazzina innamorata e la mamma...attenta ai fatti della figliola.... Una strofetta recita oh mamma, Cicciu mi tocca... e la mamma non la tuccari no! ...tante volte ripetuta, fino a quando la mamma...si secca...e non risponde e la ragazza continua a cantare ...e allura, Cicciu tocchimi - tocchimi Cicciu chi fari si pò!. In effetti la ragazzina, nel comunicare alla mamma Cicciu mi tocca, desidera esser toccata, ma l'occhio vigile della mamma lo impedisce...fino a quando si distrae un attimo ed allora....si ufficializza il toccamento del ragazzo!

  • Farrancu: (forse anche farrangu) il solco, talvolta molto profondo, grande e pericoloso, lasciato dalle acque che colano verso il basso, dopo un temporale. Sinonimo di hjrrimu.

  • Chiuviu assai e fici tanti i chiddi farranchi: ha piovuto molto e il maltempo ha (causato molti danni) prodotto molti ruscelletti, perché ha rotto i mastri (vedi mastra). In pratica dopo un temporale, in queste condizioni, il terreno in pendio sembra quasi "pettinato",o, a denti di pettine.

    ** Secondo Don Giuseppe Pensabene: “ Cesare Ottaviano Augusto a Reggio e nello stretto - La X Legio e i campi di battaglia“, ed. AZ 1998, pag. 91.

  • Farangheddi: di chiara etimologia greca, significa appunto “ piccoli burroni”. Si dice anche di persona dal comportamento alquanto strano, serpeggiante e strisciante.

  • Fascedda: (dal latino fiscella, fascella per la ricotta) contenitore di varie dimensioni per il formaggio e la ricotta. Secondo le dimensioni avevano anche delle denominazioni: trumizza quella corta e larga, dal contenuto di circa 250/350 gr. - longa, quella lunga e sottile, non più di tre/ quattro cm. di diametro e lunga circa venti: per ricotte molto delicate. Fascedda pa' tuma, pu casu ,....etc. Originariamente, questi contenitori, erano "prodotto artigianale", ora...tutto plastica. Gli artigiani usavano i sottili fili del giunco intrecchiati ed adattati all'uso, con la stessa tecnica della fabbricazione di ceste, panieri....di canna e/o di giunco, sottili verghe di salice.

  • Fastedda: (anche Guastedda o vastedda), gran frittata (vedi guastedda).

  • Fatalcina: (anche fatalzina) la fata Alcina di tutte le favole, che, con le sue arti magiche tratteneva i guerrieri lontani, manteneva la pace e l'armonia...tra gli innamorati .

  • Fattizzu: (spesso fattizzu, fattizzu): ben fatto, robusto anziché no!

  • Fattu: il fatto (dal verbo fare: già pronto, già eseguito), l'accaduto, ...ma soprattutto il racconto, la fiaba, la favola....

  • Ora nci cuntu u fattu o me figghiolu e dormi. racconto una fiaba, favola, al mio bambino...così si addormenta.

    Ricordo:

    Fino agli anni della guerra (1940-45), un mio cugino, che, peraltro, abitava vicinissimo a noi, la sera, nelle lunghe sere d'inverno...dopo cena veniva dal vecchio nonno per fargli un po' compagnia per stare anche con lo zio (mio padre) che lui adorava e per...sentirsi rompere.... da noi bambini. Aveva tanta, tanta pazienza con noi...tanto che ogni sera ci raccontava un nuovo fattu. romanzo, favola, fiaba...spesso inventato lì per lì...proprio per accontentarci. Naturalmente tra una fattu e n'atru aveva modo di scambiare qualche idea con lo zio...che si teneva informato leggendo ogni sera il giornale: a proposito della guerra o del procedere del progresso...altrove....tutto al fuocherello del vecchio bbrasceri ed al lume dell'unica fonte di luce: a lumera.

  • Favazza: imbroglio, raggiro...e, quindi: imbroglione, mentitore, spaccone. Soprannome o temporanea ingiuria.

  • Favarruni: albero di faggio. Poteva anche significare: a) palo, chi fa la guardia o la spia; b) millantatore, imbroglione, spaccone.

  • Fengia: vendetta. E' il ripagare con la stessa moneta. Modo di guardare piuttosto astioso.Chi riceve un'offesa o un grave affronto resta ca fengia e con il tempo provvede ad organizzarsi mi si caccia a fengia, vale a dire per rendere la pariglia e sentirsi orgoglioso di aver ritrovato la sua ... intera ..personalità. Abitudini antiche... quasi medioevali! Probabile derivazione dal francese haenge, odio.

  • Fera: a) fiera, mercato: settimanale, mensile, annuale. In queste particolari ricorrenze commercianti, ambulanti, a voce alta, proclamano la qualità e la bontà della loro mercanzia e ne indicano il prezzo d'occasione e, spesso, concorrenziale. b) Sottilissimo ago seghettato della spiga dei cereali...uno per ogni chicco, pungente e pericoloso perché può provocare lievi ferite alla pelle con le taglienti seghettature.

  • Fari a fera: far mercato, esporre in bell'evidenza tutta la propria mercanzia...quindi far sapere a tutti anche ciò che deve mantenersi segreto; gridare ai quattro venti; far della confusione con gran vociare e gesti plateali.

  • I feri: i mercati annuali più importanti del circondario (feri, appunto).

  • Fera i purtu sarbu: fiera di Porto Salvo: Melito, un sabato della prima decade d'aprile.

  • Fera i Furiu: fiera di Chorio, nel mese d'aprile.

  • Fera i San Pascali: fiera di S.Pasquale, Bova M. 17 maggio.

  • Fera da Salina: fiera di Saline: primo sabato di giugno.

  • Fera da Razzia: fiera della Madonna delle Grazie, Montebello: 2 luglio.

  • Fera du Liandru: fiera del Leandro (colle situato nel Comune di Motta S.G., famoso anche per un Santuario), secondo sabato di luglio.

  • Fera i Santa Fulumena: fiera di Santa Filomena: Fossato, 27 agosto.

  • Ferma: a) è voce del verbo fermare, sia indicativo presente (III pers.) che imperativo, naturalmente con l'esclamativo! b) era usato, da persone molto vecchie. per indicare il periodo della leva ("ferma", appunto) militare, sia l'attesa che il servizio, allora di 24 mesi.

  • Fermu: fermo, attento, immobile. Era il fermo fisico, il “fermo di polizia”, l’immobilità della morte. Ricordo un detto, sentito dire da una persona già molto vecchia, quand’ero appena fanciullo: fermu,’a ‘llocu: per dire morto!, fermo definitivamente; credo si volesse specificare che ....aveva raggiunto il suo luogo “definitivo“.

  • Ferrabbottu: ferry-boat, nave traghetto. Nel discorso parlato, in termini scherzosi, è usato anche per significare " farabutto", giocando sul quasi onomatopia.

  • Ferratina: leggera irrigazione del terreno prima della preparazione per la nuova semina.

  • Caseddi i ferratina: sul terreno spianato si preisponeva dei solchi non molto alti suddividendo lo spazio in tante piccole "vasche" che, però, non contenevano grandi quantità d'acqua.

  • Mbivisti assai ?...No! appena na ferratina!: Hai bevuto molto? (naturalmente ci si riferisce al vino!) ...no! appena, appena, una leggera "rinfrescatina".

  • Ferrazza: (o firrazza , o, sfirrazza) sorta di cesta di forma quadrangolare o rettangolare, di base molto larga e dai bordi alti una decina di cm., fatta di striscioline di legno giovane tagliato a circa due o tre millimetri. Utilissima per mettere a seccare al sole i vari prodotti della terra: pere, fichi, pomodori, peperoni... Probabile derivazione dal latino cista) ferlacea, cesta fatta di steli.

  • Ffetta: fetta, piccola porzione, trancio.

  • Na ffetta i pani cu ll'ogghiu: una fetta di pane e olio (la società d'oggi direbbe: oh! nutella).

  • Tagghiatimi ddu, tri ffetti i capicoddu: tagliatemi alcune fette di copocollo. (vedi capicoddu)

  • Na ffetta d'ortu: una striscia di giardino: stretto e lungo.

  • Ffettiari: tagliare a fettine, affettare.

  • Ffettiati stu capicoddu: tagliate a fettine; affettate, questo capicollo......ma vi raccumandu, ffettiatilu finu:... ma...mi raccomando, a fettine sottili.

  • U ffettiaru?: l'hanno ferito in più parti; l'hanno tagliuzzato?

  • Si tti pigghiu, ti ffettiu: se ti prendo ti faccio a fettine!.

  • Ffruntari: incontrare, incontrarsi. Anche affrontarsi come avversari. vedi affruntari. V'è, poi, un'altra interpretazione, quella tipicamente siciliana (catanese!) offendersi, non avere il coraggio, non impegnarsi.

  • Si tti ffruntu, carchi vvota!: se mi capita d'incontrarti (a fronte a fronte, a faccia a faccia), qualche volta! E' una minaccia, un impegno, un verso di una canzone popolare.

  • Ndi ffruntammu cu mme zzia: ci siamo incontrati con mia zia.

  • Si nno ffruntastivu oj: se non l'avete incontrato oggi...

  • Ffucari: affogare, annegare; perdersi in un nonnulla.

  • Bbroccula ffucati: broccoletti di cavolo nero saltati in padella con olio ed aglio. A ffucatina era l'olio di frittura che restava in padella e che, spesso, veniva utilizzato per " far scarpetta" con il pane.

  • A ffujuni: (o anche affujuni) di corsa, velocemente.

  • Fica: (sing. e plur.) fico, fichi...frutti. L'albero era a ficara. Di recente ha anche assunto il significato di ...organo sessuale femminile, ma si ha l'impressione che il significato sia stato "importato" da altre culture, probabilmente da quella ...cittadina. Dal latino ficus, fico (il frutto).

  • Fica frischi, fica sicchi: i fichi freschi: appena raccolti dall'albero per essere consumati subito come frutto ricchissimo di zuccheri; alcuni usavano mangiarli con il pane secco, altri con il salame...Fondamentale era l'apporto di zuccheri...e la golosità che si dimostrava, per i frutti freschi e mielosi. La coltura sembra tipicamente mediterranea ed i frutti freschi erano difficilmente esportabili a causa della loro....fragilità; appena raccolti cominciavano a diventare mollicci e dopo qualche giorno erano già acidi. Ora mezzi frigoriferi autotrasportati consentono l'esportazione e, quindi, la conoscenza del frutto anche verso Paesi tipicamente nordici le cui popolazioni apprezzano l'apporto di zuccheri, nella loro dieta tipicamente a base di grassi, rappresentato da questi frutti.

    Maturavano, una prima serie, cosiddetti ficazzani (fioroni) tra fine giugno e metà agosto; la seconda e più importante dai primi di settembre fin quasi a fine ottobre.

    Esistevano tre specie d'albero una tipicamente innestata ed abituata a produrre soltanto fioroni....in diversi periodi di maturazione sempre estiva (ficazzanara); un'altra produceva quantità limitate di fioroni ed abbondanti quantità di frutti (ficara) ed un'altra ancora produceva soltanto frutti in un periodo autunno/invernale (ficara mbirnitica o ficara i mbernu). Evidentemente quest'ultimo prodotto non poteva esser seccato...per mancanza di "calore solare".

    La raccolta era fatta a mano: in genere erano ragazzi/e e giovani donne a salire sugli alberi perché il legno di questi era ...piuttosto debole e non sopportava pesi elevati.

    Vero anche che questo legno non era adatto nemmeno per....fuoco da riscaldamento: produceva un fumo denso ed acre, non accendeva a fiamma e ...non produceva calore. Tanto che era nato il detto "lignu i ficara" per chi non era capace di realizzare alcunché nella vita né di manifestare buona volontà ...a far qualcosa di buono.

    Negli alberi veramente grandi in annate di buona produzione c'era tanto da lavorare soprattutto per la prima raccolta (a prima cota) che si rischiava di salire di mattina e restarvi ...fino a "colazione" facendo scendere e salire il paniere di raccolta legato ad una cordicella: a terra c'era sempre qualcuno che ritirava il paniere e lo versava nelle ceste cominciando subito a selezione il prodotto: da mangiare, per seccare interi, per seccare spaccati (hjaccati*), per foraggio animale. Quindi qualcuno a trasportare le ceste ben colme di prodotto verso una zona più o meno pianeggiante e molto bene esposta al sole dove era stata predisposta a pirita (vedi) ed altre persone attendevano per completare l'opera: jamprari, hjaccari: allargare, stendere al sole ed aprire quelli che ....meritavano.

    Va detto che non di rado dalle ceste colava una specie di miele che si appiccicava ai tessuti ed al volto della persona che trasportava, mosche, vespe, api....successivamente facevano il resto...con non pochi rischi per le punture di questi insetti: una sola non fa molto male, soltanto un po' di prurito...ma moltissime producono avvelenamenti talvolta pericolosissimi.

    Restavano stesi al sole non più di una settimana: bisognava lavorali, girarli, (vutari i fica) almeno una volta il giorno....proteggerli nel caso le notti fossero umide...e liberare posto per il raccolto della successiva settimana (sicunda cota), normalmente di entità leggermente inferiore.

    Le raccolte avvenivano quasi ogni settimana, si chiamavano cota, na' cot'e fica (potrebbe esser quota, una quota di ...raccolta di fichi).

    Tradizione: secondo una vecchia tradizione i fichi secchi dovevano esser mangiati, almeno uno, il giorno primo maggio per evitare il pericolo di cadere dal gelso. Mangiamu i fica o primu i maju non mmi cadimu du cezzu .

    Presentazione ....e tecniche di lavorazione del prodotto: giustamente seccati al sole assumevano un colore grigio isabella ed un odore tipico, piuttosto dolciastro ma non acido. Ogni buona mamma sapeva come prepararli...altrimenti si ricorreva all'aiuto di una maestra (na maistra) dopo il periodo di essiccamento al sole erano infornati. Taluni, i migliori assumevano un colore rossastro-chiaro mentre altri diventavano marrone scuro, quasi nero....e, questi erano ancora scartati e destinati all'ingrasso dei maiali.

    Di solito si provvedeva ad infornare, in forno a legna bruciando enormi fasci di ginestre, o di arbusti dannosi in campagna, tagliati a maturità e seccati al sole e di settimana in settimana trasportati in paese, per mancanza di aree di "parcheggio". Molti disponevano del forno in campagna, quindi provvedevano al trasporto soltanto a prodotto finito; altri, la maggior parte, trasportavano il prodotto fresco per farlo essiccare nelle vicinanze delle abitazioni o sul proprio scuvertu (enorme balconata aperta) ed altri ancora lasciavano essiccare in campagna e trasportavano per infornare. In ogni caso nei mesi di settembre ottobre il profumo, dolciastro e gradevolissimo si diffondeva per tutta la giornata e per tutto il paese.

  • Qualcuno, intorno agli anni 50, avrebbe tentato un calcolo sulla quantità del prodotto secco, almeno per relativa approssimazione e, certamente per difetto: si parlerebbe di circa 3.000 (tremila) quintali di fichi secchi!..... Ma in quegli anni ancora l'alimentazione, per la quasi totalità: uomini ed animali, era prodotta sul posto dalla genuinità del raccolto....

  • cuzzuli: (*) fichi interi soltanto seccati al sole e quindi infornati.

  • chiappi : (*) spaccati non completamente nel senso longitudinale ed essiccati così al sole....quindi accoppiati facendo combaciare le parti centrali .

    ( * ) Potevano esser messi in cunocchia: stecche di canna ricurvate ad U ancora fresche e seccate della lunghezza di circa 40/50 cm. abilmente legati in cima dal piruni: stecchetto di canna di circa 7/10 cm. che fungeva da chiodo finale. Dopo l'essiccamento al sole venivano scelti i migliori per una...presentazione artistica:

  • cuzzuli: pittigghia - pupa - curuna - janchi cu zzuccuru (lo zucchero era quella patina farinosa che producevano i fichi appena "sbollentati" in acqua dopo seccati al sole: mantenevano un colore biancastro) Per ognuna di queste voci esiste riferimento nel "dizionario".

  • chiappi : crucitti (cu mandarinu, ca mmendula ...cu bbasilicò) cunocchia a cruci, a cori

    I fichi secchi erano un ottimo alimento, ricco di zuccheri e sali minerali ...che consentivano a molta gente di....svernare.

    La produzione era elevatissima...si potrebbe anche accennare, senza preoccupazioni a qualche quantità immagazzinata, mediamente nelle famiglie di una certa classe sociale: almeno ddu casci ca stagghiatura... due grosse casse (almeno mt. 4,00x0,80 di circa 1 mt. di altezza) con una separazione al centro - non di rado sia in lunghezza sia in larghezza - per tenere il prodotto ben protetto secondo la qualità.....

    Le nonne, le zie....o chi voleva fare un regalino, così....senza molte pretese, al ragazzino che dimostrava affetto o prestava i suoi servigi...regalavano appunto "na junta i fica" la quantità di fichi secchi che potevano essere contenuti tra le mani riunite a palme aperte e con le dita insieme...cioè almeno 300/400 gr....., una buona merenda...e, perché no! anche una buona cena...per molta gente.

    A prima i maju si manginu i fica, si nnon ndi manginu i muscagghiuni: una credenza antica: chi mangia fichi secchi il giornio primo maggio quasi subisce un vaccino contro le punture da insetti, soprattutto delle zanzare. Molta gente credeva veramente tanto che è nato un altro modo di dire: è 'nutili chi tti rraspi, t'avivi a mangiari i fica o primu i maju: è proprio inutile che ti gratti (dove hai prurito) avresti dovuto mangiar fichi secchi il primo maggio. Ma questa frase aveva anche il significato di … visto che non hai fatto, predisposto o operato, non puoi pretendere ora di ottenere.

  • Ficazzana: fiorone, fiore di fico. Fichi che maturano, di solito qualche mese prima della normale produzione. Potrebbe derivare dal nome proprio Feliciano, un probabile monaco che ne valorizzato le proprietà.

  • Ficazzanara: una qualità di fico che produce soltanto fioroni. Ne esistevano di varie qualità, in produzione tra luglio e settembre .

  • Ficarazza: frutto spinoso del fico d'india; maturazione tarda estate/ autunno. Frutto ricchissimo di zucchero, vitamine e sali minerali, profumato... anche se pieno di semini che sembrano delle pietruzze. Usati freschi sia per alimentazione umana sia per foraggio, soprattutto per i maiali. Dal latino ficus aratia, fico. Si usava, una volta, anche seccarli al sole, dopo aperti, e quindi infornarli per una migliore conservazione e per gli usi invernali: cuttei i ficarazza (fichi d'india seccati, cotti).

  • I cuttei i ficarazza: fichi d'india ben maturi, scopati per levare gli spini, sottilissimi, piccoli , molti, fastidiosi, quindi puliti, raschiati appena in superficie con un coltello affilato, tolta la parte del "muso", aperti a libro e messi a seccare al sole.... quindi infornati e, spesso ncunucchiati venivano chiamati anche monacheddi: rapati, pelati, puliti...come piccoli monaci. Dei fichi d'india freschi o anche secchi si ottenevano decotti, sciroppi...e, ultimamente anche delle buone torte caserecce.

  • Ficarazzara: (anche pittara) pianta di fico d'india, dalle cui pale nascono i frutti.

  • Fiddiari: operazione, tra gennaio e febbraio, per ripulire le piantine di grano dalle erbette intestanti. Vedere alla voce pani.

  • Figghiazzuni: piccolo, il più piccolo della nidiata o della stalla; raramente usato, e, talvolta solo in senso spregiativo, per indicare l'uomo o la sua prole. Si indica anche il nuovo getto, il pollone di una pianta o di un albero, o, anche come termine di paragone tra un adulto e… uno giovane, ancora figghiazzuni.

  • Figghiu (a) da Madonna: trovatello. Nel significato originario, infatti, della sua nascita non si sapeva nulla. In effetti si usava per indicare quelle persone...nate fuori del matrimonio; figli di N.N., insomma. Ma significava anche: un figlio che porta abbondanza, una bocca in più da sfamare, ma braccia lavoro in più.

  • Figghiu d'arma: (figlio dell'anima) figlio adottivo, ma anche una persona di altra famiglia molto amata e rispettata da quella madre o da quel padre. L’adozione non che dovesse aver una “stipula” burocratica si sapeva, tutti lo sapevano,...e, basta!

  • Filatu: (per antonomasia) il prodotto finito ottenuto dalla fibra del lino, della canapa e anche dalla ginestra. Era tutto ciò che alla fine passava dalle mani da filandera: chi stava "con fuso e conocchia da mane a sera". Ma significava anche l'opera finita di qualsiasi genere od occasione, o anche la capacità di produrre una certa cosa con pochi strumenti.

  • Filesa: sinonimo di fadda; terreno già franato, e, non coltivabile, comunque in forte pendio. Zona fortemente scoscesa. Potrebbe derivar dal francese faleise.

  • Filippina: (o fulippina) un forte vento freddo, particolarmente di tramontana. Oh! Certamente non un'immigrata dalle Filippine. Credo che pochi: studenti e professionisti, sapessero che esistevano della isole con tale nome e che …etc.

  • Tira na filippina!: C'è un freddo!!

  • Filosa: nocciola vuota, senza nocciolina.... persona ....senza spina dorsale!

  • Finocchi: verdura coltivata; bulbo mangereccio, croccante e profumato.

  • Finocchiaru: la piantina spontanea del finocchio.

  • Finocchiu: finocchio selvatico del quale si utilizzano i semi per profumare, aromatizzare pietanze, insaccati etc.

  • Finocchiu, finocchi: transessuale.... omosessuale; stupidotto.

  • Fiocca: ortografia diversa dell'accettabile hjocca, chioccia. (vedi)

  • Firraina: nelle zone di giardini, incolte in inverno, nelle campagne vicine, spesso veniva seminato dell'orzo - talvolta anche diverse volte l'anno, in considerazione della sua velocità di accrescimento nel periodo erbaceo - utilizzando il terreno e consentendo la rotazione delle culture. In circa tre mesi il seminato raggiungeva la piena maturità erbacea con abbondante produzione che veniva utilizzata come foraggio fresco per gli animali, in periodo di scarsa produzione spontanea. Queste piantine che raggiungevano facilmente i 50/60 cm., di altezza venivano, appunto, chiamate firraina. Esistevano anche della località terriere individuate con tale nome ed esisteva anche il nomignolo o l'epiteto per persona ....con "fedina penale" un po' macchiata.....per aver tradito ed essere stato scoperto: il concetto era che dal grano si ottiene un ottimo pane....mentre dall'orzo si può ottenere un pane nutriente e saporito...ma di colore scuro e un po' legnoso.

  • Firrari: a) mettere i ferri ad equini e vaccine.

    Distinzione fondamentale: gli equini sono perissodattili, mammiferi ungulati con riduzione da cinque a tre dita per ogni arto; le dita si manifestano in un solo terminale per ogni piede; mentre le vaccine sono artiodattili, mammiferi ungulati con un numero pari di dita per ogni arto: cioè due unghie per ogni piede (Zootecnia, capitoli inerenti a ferratura e cura dei piedi: Podologia).

    Ferratura: male necessario!

    Le zampe sono in buona parte costituita da tessuto corneo, morto quindi insensibile. Il tratto ungueale degli equini è piuttosto pieno mentre quello delle vaccine è quasi cavo, riempito all'interno di un "durone", in qualche modo sensibile alla puntura dei chiodi. Era quindi molto più difficile - o meglio, richiedeva maggiore attenzione - la ferratura di questi grossi quadrupedi.

    Modalità e tecniche di ferratura:

    1) per gli equini: era già pronto presso a forgia una specie di treppiedi sul quale si faceva poggiare un piede dell'animale; si teneva legato molto stretto e con una tenaglia di assicelle di legno si stringeva fortemente un'orecchia (questi animali mal sopportano il dolore in quella parte del corpo) facendolo star...quasi fermo; l'aiutante teneva la zampa ferma ed il maestro tagliava e limava l'unghia fino a farla aderire perfettamente al ferro, di forma tipica: ferro di cavallo. In caso di necessità arroventava il ferro e con lo stesso faceva bruciare l'unghia eccedente (immaginabili odori!) indi poggiava il ferro mettendone tre chiodi dalla parte esterna e due dalla parte interna; i chiodi dovevano fuoriuscire dall'unghia e venivano ribattuti e limati. Per asini e muli i ferri aveva anche una sorta di piccolo "tacco", per i cavalli quelli posteriori erano assolutamente piatti . Naturalmente tutto ciò veniva fatto...a tappe consentendo alla bestia un certo riposo.

    Il ragazzotto, aiutante, che teneva fermo il piede sull'appoggio, esigeva "una mancia". Da questa attitudine è nato il modo di dire: eh...chi tti vogghiu?...mi nci teni u pedi? che me ne faccio di te....soltanto per tenere il piede fermo...operazione da nulla, senza particolare uso d'intelligenza. Qualcuno, infatti, dimentico di certi costrutti sintattici, usava dire: nci tinni u pedi a ....sso patri! ho tenuto fermo il piede a suo padre....ma voleva dire all'asino, mulo,...che appartiene a suo padre. Da qui le risate,...come...se il padre fosse un asino....

    2) per le vaccine: (le quali oltre che per il latte e la ..prole, venivano anche utilizzate per il lavoro: aratro, carro, traino, frantoio, aia..) era già pronta un'impalcatura in travi di legno che con apposite carde e verricelli, con una robusta fascia di cuoio che passava due volte sotto il ventre degli animali, consentiva di sollevarli di peso dal terreno. Si sa che per tutti i mammiferi il "treno di spinta e di movimento" è quello posteriore, perciò quando manca un appoggio dove scaricare la forza, non c'è movimento... l'animale così sollevato, resta appeso e fermo. Indi facendo appoggiare uno per volta i piedi sul treppiedi...si provvedeva come per gli equini, con la differenza che i ferri erano doppi, esattamente come le unghie; anche per questi: tre chiodi all'esterno e due all'interno e ferri assolutamente piatti, senza " tacchetto", insomma!

    b) mettere appena un po' di qualcosa; più specificamente annaffiare appena un orto nella attesa di aratura e preparazione per la semina.

    Modalità: ultimato il raccolto il terreno viene spianato e organizzato a piccole "vasche" caseddi i ferratina, nelle quali s'invia l'acqua d'irrigazione...fino a farle...tracimare. Dopo qualche giorno, in buona parte assorbita l'acqua i ferratina si procede alle altre operazioni per la nuova semina.

  • Firriari (anche furriari): dal greco féromai, correre, cercare con attenzione. Rivolger l'attenzione per la ricerca di un oggetto, una cosa, o anche una persona.

  • Fissa: fesso, stupido, ignorante.

  • Faci u fissa non mmi vaj a guerra: fa lo gnorri, fa finta di essere stupido. Il modo di dire nasceva dal fatto che alcuni giovani (non proprio fessi!) hanno saputo approfittare fingendosi stupidi o pazzi, con grande self-control, inducendo i Medici Militari a riconoscer loro una sorta di schizofrenia nata a causa della paura della guerra. Molti sono riusciti anche a farsi riconoscere pensioni privilegiate.

  • Firrignu: ferroso, di ferro, molto forte. Uomo o bestia ben dotato di attributi sessuali.

  • Ndaju nu sceccu firrignu: possiedo un asino molto robusto, molto forte. Si usa spesso, con altri aggettivi, per dare il senso del migliore, superiore, molto elevato, eccezionale. Si usa anche per indicare persona o animale con insaziabili appetiti sessuali.

  • Fistinu: festa, divertimento ad hoc.

  • Ti cuntu i jorna du fistinu: so dirti di tutto quello che hai fatto, nelle buone e cattive…azioni.

  • Fiticchia: piccolo peto, poca aria, niente o quasi niente di persona e/o di cosa.

  • Facisti fiticchia?: sei stato bocciato?.

  • Senza mi faci fetu e fiticchia: senza fare storie!, senza troppi rumori: senza troppe arie!

  • Fitinzia: (dal latino faedus, sporcizia): sporcizia, resto sporco di qualsiasi materiale. Scarto di qualsiasi materiale già marcio ed emanante odori poco graditi.

  • Fitusa: puzzola. Fetente (vedi seguito).

  • Fitusu: a) persona ... dal carattere fetente. b) le conseguenze di un peto e il peto stesso (in termini ipocritamente gentili) scorreggia. Probabile derivazione latina: foetusus puzzolente.

    Ndi fici tanti i chiddi fitusi!: ne ho fatte tante scorregge.... ne ho combinate tante.

  • Fionda: (anche hjunda, pron. acca aspirata, j tedesca) fionda; gioco per ragazzi e mezzo di difesa/offesa per i più grandicelli. Una forcina di legno di circa un cm di spessore, lunga circa 10/15 cm e con le corna uguali di circa 8/10 cm.; due elastici d'uguale lunghezza, legati alle corna e dall'altra parte ad un pezzetto di pelle di circa tre x 4 cm., nel quale si metteva una pietruzza rotonda. Normalmente impugnata con la mano destra e con la sinistra tesi gli elastici, si lasciava partire il proiettile; la velocità e la distanza dipendevano dalla lunghezza e dalla forza di tensione degli elastici. Gruppi, sottogruppi, squadre... stabiliti i bersagli: prima fermi, poi anche in movimento: lucertole uccellini (i più bravi, tra i grandicelli sparavano i proiettili agli uccelli in volo, spesso riuscendo molto bene). Bersaglio fisso costituito da un oggetto: mercu. Campionati.... di rione, di gruppo: onori ai migliori; spesso piccole lotterie di scommesse sul vincitore...

  • Ecchi mmi t'erinu mintutu o mercu!: t'avessero messo come bersaglio.... a quel bersaglio quasi tutti indovinavano... di conseguenza saresti stato ridotto ... a colabrodo! Per gli elastici, vecchie camere d'aria di gomme d'auto (i più fortunati), a pagamento...elastici in disuso di calze...o di mutande; mentre i pezzetti di cuoio si ricavavano da vecchie scarpe... si stava spesso molto vicini ai calzolai....per ottenerne, in premio, un ...pezzettino.

  • Fiundiari: prendere a sassolinate con la fionda; gioco molto pericoloso (diventava guerra tra gruppi rivali) qualche sprovveduto o sfortunato ci ha anche rimesso un occhio.

  • U fiundiaru: l'hanno ridotto un colabrodo.... è tutto pieno di vescicole, ematomi.

  • Sta cirasara pari fiundiata: quest'albero (ciliegio), sembra preso a sassate con la fionda: l'albero era molto carico di gustose ciliege, uno stormo di uccellini intenti a beccare... arriva la squadra dei campioni (a bersaglio fisso: mercu fermu)... chi più ne può... e poi a raccogliere gli uccelletti feriti; ma, naturalmente i sassolini colpivano anche fronde e rametti stroncandoli e lasciando visibile il segno.

  • Focularu: il focolaio, ma soprattutto il focolare domestico; in senso lato anche il desco familiare al quale ci si ritrova (o forse all'imperfetto? ci si ritrovava) tutti insieme, almeno una volta il giorno, quasi sempre la sera, per cena. Nelle antiche abitazioni esistevano sia quello interno, in cucina, che quello esterno, accanto all'uscio di casa; il fuoco, di legna, veniva acceso all'esterno lasciandovelo fino a quando sfiamma e produce molto fumo, quindi le braci ed alcuni tizzoni, con un badile venivano trasportate in quello interno ed usate sia per la cottura delle vivande, ma soprattutto per il riscaldamento.

  • For'a cca!: un ordine ai quadrupedi (superiori: buoi, asini, muli...) a stare attenti lungo via, ad allontanarsi dall'ostacolo, ad evitare il probabile, possibile urto contro alberi, muri a secco, o anche cespugli ingombranti.

  • For'e ccà: lungi da me, da noi... si allontani il pericolo, il rischio, il male!

  • Ndavi nu mali nda panza, for'e cca Signuri!: ha un tumore nello stomaco, Dio ce ne liberi!

  • Forficia: forbice.

  • Forficia i puta: forbici da pota; forficia i bbarberi; forbice del barbiere; forficia i sartu: forbici per il sarto; forficia i tundiri: forbici per la tosatura delle pecore; forficia du caddarano: forbici per lo stagnino: atta a tagliare latta, zinco, lamierato...etc.

  • A forficia: muro di protezione o semplicemente protezione di varia natura concepita in modo da far sovrapporre, per una certa lunghezza, la parte superiore, separata, a quella inferiore; lo spazio tra le due parti (detto u tagghiu da forficia) consentiva agevolmente il passaggio di persone.

  • A forficia: struttura di legno o metallo, di travi e travetti per l'impalcatura del tetto; l'accavallarsi di due pezzi, uno sghembo, su l'altro, dritto, determinava la denominazione. Un qualsiasi adattamento di vari materiali che produce la suddetta struttura.

  • camina comu na forficia: cammina come una forbice, zig-zagando, ma è molto veloce.

  • nci ficinu a forficia: lo hanno sforbiciato, gli hanno fatto una congiura contro, lo hanno attaccato da più parti.... lo hanno ... accerchiato.

  • esti na forficia!: è una forbice: un buon sarto, un barbiere... un professionista che conosce bene il suo mestiere; ma anche una persona dalla lingua lunga... criticone, chi sparla sempre degli altri.

  • a forficia du medicu non ttagghia: la faccenda è troppo complicata figurarsi che nemmeno la forbice del medico (di solito molto affilata), taglia; difficile fare un taglio netto tra torto e ragione.

  • facimunci a forficia: camminiamo in maniera da disorientare gli inseguitori, gli avversari.

  • a forficia tagghienti caccia i pidocchi: la forbice affilata allontana i pidocchi; chi va di frequente dal barbiere non rischia l'infestazione di pidocchi... ha la testa pulita. Significa anche che chi è disposto a sacrificare qualcosa (La chioma!), riesce a mantenere una personalità pulita. In pratica l'igiene, anche quella mentale, produce buoni effetti.

  • Forgia: era si la forgia, nel senso classico, ma era anche una specie di moderna officina meccanica, anche per meccanica di precisione. Ma era forgia soprattutto l'officina dove venivano prodotti i ferri per i quadrupedi da campagna equini (asini, muli, cavalli) e bovini nonché adattata la loro applicazione. Il locale, quindi, presentava, all'esterno delle particolari caratteristiche: un'impalcatura con stanti fissi, molto robusti e fasce capaci di sollevare il peso di un bue da traino (circa 4/5 q.li), era l'unico sistema per poter tranquillamente applicargli i ferri ai piedi; alcuni sgabelli di travi incrociate molto bassi sui quali, poi, si faceva poggiare il piede già ferrato per le rifiniture.....una sorta di tenaglia un pezzo di legno giovane spaccato o due pezzi di assicelle legate ad una cima, in modo che, scorrendo, potessero trattenere e stringere...le orecchie degli equini...: unico sistema per...tenerli buoni e poterli ferrare... Il resto, all'interno: una comune....garitta per fare il fuoco con carbone da miniera durante il periodo bellico...i forgiari si sono adattati a fare i carbunari, producendo nelle circostanti campagne il carbone vegetale), l'incudine, la serie delle tenaglie e martelli ed il mantice...per soffiare sul fuoco.

  • Forgiaru (oppure furgiaru): chi lavora alla forgia. Per antonomasia il fabbro - ferraio che produce i ferri e sa anche applicarli agli animali: maniscalco. Vedi forgia.

  • Fossa i carbuni: fossa del terreno nella quale si metteva ad ardere la legna; per farla diventare carbone si doveva agire con molta accortezza e celerità: quando tutta la legna era già diventata brace…bella rossa, rossa, ma senza ancora cenere addosso, si copriva velocemente con la terra, di riporto, ammonticchiata nelle vicinanze. Le braci carbonizzavano immediatamente per mancanza del comburente (l'ossigeno!); si lasciava raffreddare, annaffiando, se c'era la possibilità.

  • Fossa i fumeri: la fossa, naturale o scavata, dove si metteva lo stabbio per maturare (mi si padisci), fumeri paduto: stabbio maturo, pronto per l'uso; indica qualcosa di molto sporco e puzzolente. Riferito a persona vuol dire che ha personalità particolare, di carattere puzzolente.

  • Jttatili nda fossa du fumeri: buttateli nella fossa dello stabbio; non valgono nulla!

  • Frabbalà: particolare orlatura delle gonne lunghe. Sfrangiatura.

  • Vu ndaviti i vesti cu frabbalà: avete vestiti alla moda, con particolari orlature: siete di ceto sociale più alto; state bene economicamente.

  • Ndavi a vesta cu frabbalà: si diceva anche di una donna....che aveva particolari attitudini sessuali e che .... non disdegnava estemporanei flirt.

  • Frabbetta: beccafico. Uccellino molto grasso: si ciba essenzialmente di fichi; d'estate/autunno, da ragazzi, armati di fionde e munizioni adeguate, sassolini rotondeggianti, da cercare sul greto dei torrenti, sul far della sera si andava a caccia. L'uccellino è un po' stupidotto, soprattutto quando è intento a nutrirsi beccando fichi... e quindi sta fermo; talvolta su un solo albero ve n'erano centinaia. Bersaglio facile, dunque. Subito spennati, puliti, e arrostiti, su fuocherelli improvvisati, ma avvolti in una foglia di fico, per conservare la bontà.

  • Fraca: erbetta spontanea delle graminacee che produce delle bellissime infiorescenze blu-viola. Steli e rametti lunghissimi stesi sul terreno , in primavera, danno un vago color del cielo sulla terra.

    Ricordo: Le bambine giocavano a "far la sposa", naturalmente vestendo una ragazzina con un abitino bianco, ma era necessario il velo, lungo, lungo. Si ricorreva a quest'erba avendo cura di tagliare alcune pianticelle insieme e di mantenerne insieme tutti i lunghi steli e rami fioriti.

  • Fracassu: il frattasso o frettazzo, arnese del muratore che serve per levigare gli intonaci; gran frastuono, caos, confusione. Si attribuiva come temporaneo soprannome a persona che, oggi si direbbe, "gran casinaro".

  • Frandina (Frandinedda): tela di qualsiasi filato forma e presentazione.

  • Frangata: una certa quantità di qualcosa, come baccelli, fagiolini... quello che può essere preso con le due mani a dita aperte.

  • Frangatedda: come sopra, con le dita un po' più strette.

  • Frappari: stuzzicare, raschiare, pungere, grattare. Probabile derivazione dal francese frapper, toccare. Si diceva soprattutto per le piccole ferite che potevano lasciare...le carezze...dei gatti.

  • Frappatu: chi presenta, soprattutto sul volto, dei segni di piccole ferite. Chi porta i resti di cicatrici in zone visibili del corpo.

  • Frascatula: ridotta in poltiglia; in effetti si indicava la farina di mais utilizzata come polenta. Chiacchiera, cosa da nulla; appena sentito dire. Potrebbe derivare dal sostantivo frasca, ramoscello con rametti piccolissimi.

  • Frascatuliari: schiacciare, ridurre... rimestare.

  • U facisti frascatula: l'hai ridotto a poltiglia; triturato troppo finemente.

  • Frau ..... a frau: pari, al pari. Frau, frau allo stesso livello; della stessa quantità; dello stesso modo di agire.

  • Fravagghia: pesciolini piccoli, di varie specie, da frittura. Riferito a persona, era molto pesante! - significava che non c'è proprio da fidarsi…fa acqua!

  • Frenu: fieno, foraggio per il bestiame. La fienagione consisteva nel tagliare erbe spontanee o sulla seminata, lasciarle seccare al sole qualche giorno e poi torcerle per consentire il trasporto e la comoda sistemazione nei fienili. Il taglio dell'erba avveniva come per la mietitura con la differenza che (l'erba) veniva lasciata sparpagliata sul terreno per seccare meglio. L'operazione successiva (torcitura) veniva effettuata da almeno tre operai, dei quali uno abbastanza alto: attorno ad un asse di legno di un paio di cm. di diametro e lungo circa 60/70 cm., trasversale rispetto alle mani tese in avanti, si attaccava un po' di siccumi o sudda (erba secca o sulla secca), sia l'asse sia l'operaio si chiamavano torcituri, mentre gli altri due alimentavano con altre erbe, l'uomo girava nel senso orario realizzando una sorta di filo di almeno 15/20 cm. di sezione, camminando all'indietro per almeno 5 o 6 metri, quindi sfilava il bastone e, afferrata con una mano la cima, con la braccia aperte, nel faceva una specie di matassa di tre sole passate, chiudendola: a manna i frenu. Per il trasporto si realizzavano due fasci, ciascuno di dodici manni ed era detto carricu i frenu, misura riconosciuta per le compravendite ed utile per il trasporto, per mezzo di asini o muli, ai fienili utile e necessaria per stabilire la quantità occorrente per un'annata, per poterlo mbardiddari, sistemare simmetricamente in ordine.

  • Fribbia: (o fibbia) fibula, borchia, gancio per cinture. Era anche un modo per indicare l' "onorata società".

  • Caminati sutta a me' fribbia: presentatevi, anche a nome mio; esigete anche il rispetto che si deve a me!

  • Frica: (termine non indigeno, comunque usato) amarezza, attenzione particolare

  • Frijri: friggere; sentir molto caldo, il caldo del sol leone!.

  • Na frjuta i pipi, patati, mulingiani, cipudda e ppumadora.... nda padedda i ferru: Una buona frittura di patate, melanzane, cipolle, pomodori nella padella d'acciaio.

  • Mi frji u cori: mi frigge il cuore, sto male; mi sento male solo a sentir dire....

  • A' ccussì simu fritti: così, siam fritti, siamo nei guai.

  • Frindinaru: venditore ambulante di mercerie: aghi, spilli, filo, nastrini....e tessuti di piccolo taglio. Nel senso morale chi ha tanta buona volontà di far, ma riesce a malapena a muoversi senza realizzare nulla di importante. Dallo stesso calabrese frandina, piccola tela.

  • Fringuli, fringuli: (oppure zzinguli zinguli) a brandelli

  • Fringuliari: ridurre a pezzettini. Dal latino affringulare, rompere, sfracellare.

  • Fringulu: (sin. di zzingulu) cencio di stoffa; piccolo ritaglio.

  • Friscanzana: zefiro di valle; venticello lieve e gradevole. La prima frescura della sera dopo di una giornata di solleone. Ma anche raffreddore di una certa importanza.

  • Ncigna' mi senti a friscanzana: (modo di dire importato) ha cominciato a sentir paura; ha cominciato a sentire il fresco....delle armi, la spada, il coltello....e, oggi, la pistola.

  • Frischiu: fischio, richiamo. Appena un richiamo, o, anche un grande richiamo.

  • U trattaru a frischia e pidita: l'hanno trattato a fischi e pernacchie.

  • Friscia: (pron. sc, come ch francese) tozzo di pane secco, piuttosto di forma piatta, normalmente la parte superiore, piatta e larga, di un biscotto (uno dei due, della coppia, separata per essere rimessa al forno …e, diventar bis cotto). Dal latino fresus, tritato, sminuzzato.

  • Friscilla: (pron.sc come ch francese) piccolo pane biscottato; modo di cuocere il pane e pane secco tagliato in senso orizzontale per renderlo più croccante; frisella di pane.... oggi "fette biscottate".

  • Frittula: pezzo di carne di maiale (con o senz'osso; con o senza grasso), cotta in un determinato modo (vedi. frittuli).

    FRITTULI:

    vari pezzi del maiale: ossa con parti di carne, grassi, pezzetti di muscoli, di pelle, non altrimenti utilizzati, reni, milza, esofago etc.

    Tradizionale modo di fare: una caldaia di rame stagnata di recente (spalmato un sottilissimo strato di stagno all'interno, per evitare intossicazioni da ossidi e sali di rame), brace di legna o di carbone. La caldaia sistemata sopra di uno strato di cenere di circa 7/10 cm. e, resa stabile; uno strato di cenere in giro per una larghezza di circa 15/20 cm. Dimensioni secondo quantità.

    1) Due litri d'acqua bollente, già salata, nel fondo della caldaia e subito le parti grasse e molli, (nzunzi) aggiungendo, all'occorrenza un po' di strutto, per evitare che si attacchi subito alla parete.

    2) dopo circa due ore (dovrebbero esser già quasi tutti fusi) rinforzare il fuoco ed aggiungere, le ossa lunghe opportunamente tagliate (ngannuli).

    3) dopo circa due ore togliere le ossa; rinforzare il fuoco, ed aggiungere le parti di pelle cosiddette scorcitte, a panza, i ricchi e i pedi (lo stomaco, le orecchie ed i piedi).

    4) dopo circa due ore togliere le parti di pelle, rinforzare il fuoco, ed aggiungere le coste, le ossa corte, le scapole (palitti);

    5) dopo circa due ore , rinforzare il fuoco, e rimettere tutto dentro lasciando ancora insieme per qualche oretta. Prima di questa operazione è, sempre, opportuno togliere un po' di strutto liquido, per evitare sorprese!

    Tempo totale di cottura: circa dieci undici ore; viene sempre indicato circa perché tutto dipende dalla sensibilità e capacità du mastru frittularu (di chi dirige le operazioni).

    Nota: il primo fuoco dev'essere molto importante e sostanzioso perché deve consentire l'inizio della fusione.....fusione non ebollizione; di fatti ascoltando con orecchio esercitato, non si deve mai udire cla, cla, cla....cioè il tipico rumore dell'ebollizione, ma un lento fri... fri... fri...un fondere molto dolcemente.

    Il fuoco: le braci ardenti devono essere sistemate in maniera uniforme per tutta la circonferenza, già disegnata con la cenere attorno alla caldaia, ma non deve mai essere a contatto con il recipiente; il fuoco si rinforza, con braci nuove ogni volta che si rende necessario, ma senz'altro prima di introdurre materiale freddo... per evitare che smetta la fusione.

    Quando tutto è ben cotto: si elimina il fuoco eccedente, si toglie la cenere della circonferenza.

    Tutte le operazioni necessarie per mettere nuovo fuoco o per ravvivare quello già esistente vanno fatte con molta attenzione, per evitare di sollevare cenere... che finirebbe dentro il recipiente che deve star sempre senza coperchio per facilitare l'evaporazione dell'acqua.

    Finalmente si criscinu i frittuli: (operazioni delicate e complesse, per togliere il prodotto finito, dal recipiente): 1, si elimina un bel po' di strutto; 2, con un forchettone e aiutandosi con una pala di legno, si cominciano a tirar fuori i vari pezzi, raggruppandoli per categoria, in vari recipienti, di alluminio, acciaio, terracotta.... mai di plastica: le orecchie ed i piedi; l'esofago, reni, milza; ossa lunghe; ossa corte e costolette; eliminando ancora altro liquido, fino a quando restano nel recipiente di cottura, soltanto i curcuci (pezzettini di muscolo, grasso, pelle), che non possono essere mangiati subito né tolti dal recipiente; quando saranno un po' più freddi verranno sistemati in appositi recipienti e ricoperti di un sottile strato di strutto per una migliore conservazione.

    Attenzione: per mescolare si usa una pala di legno, o, un bastone; l'attrezzo deve muoversi intorno alla parte, più volte, e poi con molta delicatezza, sollevando dal centro e verso il centro!

    Cotte così, di solito si utilizzano subito, ancora calde... ma si prestano anche a conservazione.

    Frittuli rassi: parti grasse; costiceddi: costine; scorcitte: pezzi di pelle.....

    Alla tavolata: di solito partecipano molti amici, oltre a tutti i familiari... ed è una gran festa! Oh! in ciascun piatto viene messo un po' di tutto, ma ogni commensale...poi .... reclama qualcos'altro!

    Naturalmente tutto annaffiato di buon vino (bandite le bevande gassate, l'acqua).

    I curcuci: di solito si mangiano nei periodi di mezzo, ma anche in piena estate, messe nel pane caldissimo di forno.... e annaffiate, naturalmente.

    Gli ultramoderni: usano caldaie di acciaio, foderate di intercapedine esterno in materiale refrattario, in tutt'uno, con fornello a gas ....ma non è la stessa cosa!

  • Frumentu: (anche furmentu) il frumento in generale, non solo il grano, ma anche segale ed orzo, cioè quei cereali che di solito attecchiscono e vivono (all’imperfetto!) nelle nostre campagne. Era un modo per dire e non dire.... chi produceva soltanto orzo, per es. , possedeva territori soltanto in altopiano (intorno ed oltre i 1000 mt.s.l.m.), terreni non...dei migliori che potevano essere adatti anche alla segale...ma non al grano che richiede terreni di bassa collina - pianura e molto più soleggiati, quindi di maggior pregio....Si diceva allora frumentu per indicare tutto senza specificare...altrimenti si sarebbe saputo che ...il tale produce soltanto orzo...quindi....appartiene ad un ceto medio basso. Non si direbbe, come allora era frequente, “possidente”, ma “piccolo proprietario” che è abbastanza e sostanzialmente diverso.

  • Frunda: fronde, fogliame d'albero. Più propriamente s'intendeva il fogliame dei gelsi, alimentazione indispensabile del baco da seta (vedi vermu).

  • Frundusu: albero e/o persona dalla chioma folta e ricca. Persona dall'atteggiamento arcigno. Si diceva anche di persona che, notoriamente o no, era stata... cornificata. Aggettivo che si usava facilmente per indicare persona dal carattere piuttosto iroso.

  • Frusculu: potrebbe avere avuto un primo significato di "selvaggio"...piccolo animale selvaggio. In senso ampio anche: fanatico, farfallone. Potrebbe derivare dal latino ferusculus, piccolo animale selvatico.

  • Malu frusculu: furfante, che non rispetta le regole, selvaggio, si riferisce anche a donna di facili costumi. Aveva il significato anche di "disturbo notturno", cioè incubo.

  • Frusculeddu: bimbetto vispo, super - attivo, vivace, noioso.

  • Frusta: frusta... con tutti i vari significati: fisica, morale etc.

  • Fruttu pindenti: frutto che cade in terreno appartenente al confinante; per vecchia tradizione, riportata dal vigente diritto, tale frutto appartiene al proprietario del terreno, che, però, non può invadere l'altrui proprietà per la raccolta.

  • Fubbalu: foot-bal, gioco del calcio; termine introdotto nei primi anni dell'era fascista, quando pare sia stato realizzato un campo sportivo. Secondo alcuni, tuttora viventi, pare sia stato realizzato in terreno demaniale, sul greto di un torrente: spalle al paese, a destra della borgata Casaluccio, verso valle. Successivamente un grosso proprietario (Guarna?), ha acquistato il terreno dal Demanio, trasformandolo in giardini con agrumeto...e proteggendolo con muro di cinta. Di tanto è rimasta tradizionale amarezza e delusione nei giovani e, conseguente atteggiamento ironico nelle persone anziane... soprattutto nei confronti del gioco che, naturalmente, ha tardato parecchio ad assumere importanza; si può dire che è stato " riscoperto" dopo il II conflitto mondiale....e giocato sempre nel greto dei torrenti.

  • Fucili: (a) il fucile, qualunque: avancarica, trombone, moderno. (b) arrossamento della faccia delle gambe - soprattutto femminili - per un'eccessiva esposizione al caldo violento del braciere o di altra sorgente di calore; sorta di infiammazione traumatica delle venuzze periferiche.

  • Fuggiascu: chi sta scappando, ma anche chi è riuscito ad evadere....con la complicità; mariolo, ladruncolo, poco onesto.

  • Fujìtina: fuga di due innamorati - spesso lei già in stato di avanzata gravidanza, (quasi sempre giovani, ma non di rado anche...già sposati che lasciano i rispettivi coniugi), per superare il diniego dei genitori o le difficoltà...tecniche! Dal latino fugere, fuggire .

    Ricordo: Dopo le decisioni irrevocabili dei responsabili si passava all'organizzazione di tutta l'operazione. Venivano interessati amici intimi, ma anche gente di forte personalità che avevano il compito di "distrarre" genitori e guardiani e proteggere la fuga....dei colombi. Questi cosiddetti "testimoni" protettori , naturalmente, con il tempo, venivano adeguatamente ricompensati e, spesso, nel caso di giovani, essi stessi facevano da testimone alle nozze legali.

  • Fujra: (per intender meglio fuscira) (pron. "J" come sc di scena....molto dolce) fogliame secco, fili sottilissimi di erba secca....al limite anche carta....per accendere il primo foucherellom, insomma una cosina da poco ma molto importante.

    Il termine fujra o il diminuitivo fujredda veniva usato anche come temporaneo soprannome per chi, insomma....aveva la spina dorsale un po' debole....

  • Fujitina: scappatella. Indicava, piuttosto, semplicemente l'azione dei ragazzi - giovanotti (lei e lui) che, d'intesa, scappavano per fare una nuova famiglia, spesso in presenza del "veto" da parte dei genitori, o, del tutto in momenti di particolare tensione per lo stato di gravidanza, quasi quasi evidente; di solito seguivano "nozze riparatrici", ma non di rado ci scappava anche qualche azione vendicativa con conseguenze, talora, anche gravi.

  • fujuna: donnola

  • Fulea: nido d'uccello, di solito su grandi alberi o nel sottobosco di rupi selvatiche.

  • Domani jamu a fulei?: domani andiamo a cercare nidi?!

  • Jri a fulei: andare a cercare nidi nelle siepi negli alberi, nei buchi dei muri delle case: tre tecniche diverse sia per scoprirli sia per catturare gli uccellini o gli uccelli (genitori). L'acquisizione delle tecniche e del diritto avveniva con la giusta età e/o con l'aver maturato esperienze. Nelle siepi erano i ragazzini (6-10 anni); negli alberi i giovincelli: bisognava arrampicarsi, essere agili e capaci; tra i buchi delle case, poiché era necessaria una scale a pioli, o alcune da collegare per raggiungere altezze superiori....i quasi maggiorenni!

    La squadra, di rione, disponeva diciamo così di un "avvistatore" che aveva il compito di individuare il nido e capire la specie d'uccello, uno esperto nel sistemare u chiaccu (vedi)...e, naturalmente un capo-coordinatore.

  • Fulijna: fuliggine. La tela del ragno, ragnatela. Potrebbe derivare dal latino fuliginen che parte dalla radice di fu-mus nero, scuro, bruno fumo.

  • Eh !...cc'aiu a ffari i fulijni ! era l'esclamazione di una femmina, molto ... molto aperta, tanto che non intendeva far le fuliggini...proprio là...

    Rimedio: un rimedio emostatico da ragazzini; e, non s'è mai detto che qualcuno abbia avuto conseguenze. Fuliggine bruciata, impastata con olio o sugna e spalmata sulla ferita. Alcuni avranno anche impastato cenere non trovando immediatamente disponibile la fuliggine, con lo stesso risultato. (vedi cinniri-saimi).

  • Fumari: fumare; si riferisce al solo fumare di pipa, di sigaretta, di sigaro.

  • Cuminciasti mi fumi?: hai già preso il vizio, cominci già a fumare?

  • Fumaloru: fumaiolo, comignolo. In effetti ve n'erano molto pochi in paese, ma si notavano.

  • Fumento: suffumigio. Oggi con acqua bollente e gocce di eucaliptolo o altre spezie. Potrebbe derivare dal latino fumus, fumo.

    Ricordo: una funzione importante veniva esercitata dal suffimiggiaturi, o, al femminile suffumiggiatura. Il tutto avveniva così: su una tegola (ciaramita) venivano sistemate delle braci, il malcapitato veniva ricoperto al capo da un grosso telo, mentre a suffumiggiatura spandeva dei grani di incenso o di altre spezie o di acqua benedetta sul fuoco e recitava delle incomprensibili preghiere. Ora questa funzione è scomparsa. Ma con il tempo è rimasto soltanto il termine che però ora ha assunto il significato di : buono a nulla.

  • Fumeri: (dal francese fumier, letame): letame, stabbio, concime animale. Naturalmente v'era una distinzione fondamentale tra fumeri escrementi di animali e parte della lettiera e mmerda escrementi umani, spesso nel loro significato morale di " puzzolente, fetente, inutile, dannoso, schifoso. Dal francese fumier, sterco.

  • Megghju puzza i fumeri ca di mmerda: meglio l'olezzo tipico dello stabbio animale (quindi di una cosa....fisica) che il puzzo della "merda" umana, di una cosa, virtuale che di virtù non ne ha più.

  • Fumiari: far fumo. In effetti si vuole indicare quella specie di vapore acqueo misto a caligine che si nota dopo una tempesta, o, quello che per molti giorni, continua a sovrastare le zone colpite da grossi incendi. Si dice di cosa ancora molto calda: da forno, da cucina...

  • Viditi chi ancora fumia: state attenti ch'è ancora molto calda, scotta.

  • Fumu: fumo, prodotto della combustione di qualsiasi cosa..... che finisce in breve tempo.

    Non faciti propria fumu: è inutile far fumo; buttare fumo negli occhi; farsi notare; spararle grosse.

  • Fundacu: piano terra di una casa; un appezzamento (piccolo, piccolo) di terreno produttivo nelle vicinanze dell'abitato. Proprio perché al piano terra di solito utilizzato anche come bottega, magazzino di vendita, taverna, osteria... anche stalla etc. Dall'arabo funduc, poi italiano "fondaco".

  • Funduaria: (o anche funduvaria) le tasse fondiarie. Si pagavano presso l'Esattoria Comunale che aveva sede a Montebello.

  • Pagai a funduaria: ho versato quello che dovevo. Ho saldato il mio debito.

  • Nd'aviti na funduaria!: avete un impegno serio e costante, non soltanto economico.

  • Funiceddu: bozzolo del baco da seta. Dal latino follicellus pellicola che avvolge .

  • Funtana: Fonte, sorgiva d'acqua; puttana, termine usato in famiglia, in presenza di persone anziane e di bambini: rispetto per i primi... attenzione educativa per i secondi.

  • Funtana vecchia - funtana nova: modi per indicare alcune contrade nelle quali esistevano piccole sorgive d'acqua. In pratica quasi tutti i proprietari hanno una "funtana vecchia" oppure una "funtana nova".

  • Funtanedda: piccola fontanina, non necessariamente scavata nel terreno, talvolta soltanto appena accennata.

    Gioco dei ragazzi: (soltanto maschietti): da distanza determinata e con regole di volta in volta stabilite, si lanciavano i bottoni (spesso staccati direttamente dagli indumenti: cciappazza: bottone da cappotto: valeva tre bottoni normali e quattro bottoni da camicia); erano guadagnati quelli che cadevano dentro la fontanella, per gli altri c'era un solo modo: tic, tac, funtanedda! tre colpetti con le dita tri zziccardati, se, però, qualcuno superava o non entrava nella fontanella era perduto. Non era raro, dunque, che, perduto il tesoro si ricorresse a risorse... staccando dagli indumenti. E, a sera: un solo sguardo di mamma, nonna, sorelle maggiori.... camora jucasti a ttic ttac......!: sono certa che hai giocato a bottoni.... e s'immagini il seguito!

  • Furca: la forca, ma anche la biforcazione di qualsiasi cosa.

  • Furcazza: esattamente la biforcazione di un ramo, di una strada...

  • Furcina: una forcina, di solito di legno....costa poco.

  • Furcuni: il forcone, il ferro: tri o quadridenti.

  • Furiari: (termine introdotto) rincorrere, scacciare via; allontanare, con le buone o con metodi più convincenti, qualcuno da qualcosa.

  • Furisteri: (immigrati da altri Paesi limitrofi usano dire furisi), forestiero, non ben conosciuto, estraneo alla parentela; chi proviene da altri posti;

  • Nda stati ndavi assai furisteri: in estate vi sono molti forestieri; è, magari, gente dello stesso paese che vive altrove e viene per le vacanze estive, portando con sé degli amici.

  • Furmiceddi: (voce importata) pasta di tipo "vermicelli" .

  • Furnaci: fornace per la cottura dei laterizi.

  • Bucca i furnaci: bocca grande come una fornace; chi parla in modo violento e triviale, chi dice male di tutto e di tutti.

  • Furriari: cercare con molta attenzione qualcosa; girare in tutti i posti... cercare funghi per es. (vedi. anche Firriari).

  • Furrialoru: (si diceva anche firrialoru) girovago; chi va sempre in giro a cercare qualcosa... perché non ha tanta voglia di lavorare; chi ha grandi capacità di dedicarsi alla ricerca di qualcosa perduta o da trovare: funghi, frutta matura, nidi, sentieri e viottoli sepolti dalla bassa vegetazione. Rivolto a persona non era un buon.... apprezzamento.

  • Furrialoru o firrialoru: era anche un giocattolo per ragazzi: si realizzava con una stecca di canna ed una rondella dentellata al centro della quale si faceva passare un asse (legnetto di circa un cm. di sezione lungo circa 20 cm.); il tubicino di canna secca era predisposto con tagli opportuni, in modo che tenendo fisso l'asse e muovendo avambraccio e mano in senso rotatorio una stecchetta passasse velocemente sulla rondella dentellata provocando dei rumori...molto simili agli spari di una mitraglietta: pra pra pra pra pra ....pra pra pra...

  • Fussitta: piccola fossa.

    Gioco dei ragazzi: si scavava una fossettina, grosso modo, il vuoto di una mano. Si stabilivano regole e coppie e si lanciavano da una certa distanza nocciole (bottoni), quelle che cadevano direttamente dentro erano guadagnate; per le altre c'era ancora una possibilità, le si poteva spingere dentro dando dei colpetti con le dita; stabiliti prima, modo e quantità. E, il gioco continua. Gioco simile a funtanedda.

  • Jucamu a fussitta a ttri zziccardati: (ved.zziccardata), giochiamo a fossetta a tre colpi.

  • Fustinu: un piccolo fusto metallico; oppure il recipiente dei detersivi riciclato. Il termine fustino è la denominazione ufficiale dei contenitori di vari detersivi, detergenti....realizzati in cartone trattato per una discreta impermeabilizzazione.

  • Fustu: recipiente, metallico, per liquidi. S'intende, in maniera particolare, indicare il contenitore per l'olio d'oliva. In tempi recenti i fusti sono dei recipienti della capacità di circa 180-200 Kg. già usati per oli industriali e...riciclati, ai quali è tolto uno dei coperchi per una maggiore ....manovrabilità: pulizia, versamento e prelievo dell'olio; nel coperchio si realizza una "ribattuta" esterna in modo da appoggiare e chiudere perfettamente il contenitore.

    Non di rado contenitori del genere sono usati per far bollire grandi quantità d'acqua. Tagliati alla metà esatta consentono vari usi agricoli e per la preparazione di alimenti, estratti, conserve, e quant'altro necessità di attenzioni particolari per la lunga conservazione.

  • Menzu fustu: si dice anche di persona di limitata statura morale...., oltre, s'intende, ad indicare una quantità, una misura, una dimensione.

  • Fusu: fuso, congegno per filare. Era costituito da un asse centrale, leggermente affusolato, e due rondelle di legno, normalmente realizzate al tornio per il giusto equilibrio del peso. L'asse portava in cima un uncino in fil di ferro. Le rondelle erano di peso e dimensioni diverse: quella in cima, più leggera caputimula aveva una fessura, non molto profonda ma tale da consentire la stabilità del filo "filato", l'altra, di diverso legname, ssundili (detto anche Ccintimulu) veniva posizionata verso il basso, a circa 20 cm. ed aveva un peso notevole rispetto alla prima.

  • Fusu e cazzetta: (pron. zeta dolce) prendere ed avere con sé tutto quanto occorre ed oltre armarsi di tutto punto, soprattutto di buona volontà. L'immagine è familiare: la buona nonna, acciaccata e stanca vuole ancora collaborare all'equilibrio economico della famiglia...poche cose può fare , ma le fa con buona disponibilità d'animo: fuso e conocchia per filare, ferri arcuati e lucidissimi (quattro) per far le calze, naturalmente in lana grezza!

  • Simu pronti... fusu e cazzetta: noi siamo pronti a qualsiasi evenienza....

     
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